UN CAPOLAVORO ALLA PORTATA DI TUTTI
IL GIOTTO DEGLI SCROVEGNI IN MOSTRA A CARTURA
Nel 1863, ancora sotto il dominio Austriaco, Padova stava per assistere ad una delle sue più gravi catastrofi.
La tragedia era però iniziata senza che si potesse intervenire fattivamente, nel 1827. Il 4 dicembre l’ingegner Menin accorse in comune e denunciò al Podestà che era in corso la demolizione del palazzo degli Scrovegni, lasciato da anni cadere in rovina dall’allora proprietà, la famiglia Gradenigo di Venezia. I lavori di demolizione sfiorarono anche l’oratorio dell’Annunziata che il Marchese Pietro Selvatico Estense descrive con queste parole:
“(…) fummo assordati da ignominioso martello che atterrava le fabbriche ad esso vicine, e vedemmo con raccapriccio scalpelli e leve a scassinare e sgretolare l’esterno delle muraglie stesse, su cui stanno coloriti gli stupendi freschi (…).
Nel 1858 la proprietà dichiarava di voler vendere ciò che rimaneva del complesso degli Scrovegni, ma il comune non aveva i soldi per comprare: la gran parte della cassa confluiva a Vienna e l’impero era ben distante da occuparsi delle bellezze di Padova.
Come detto prima nel 1863 si sfiorò il dramma: una società inglese, per conto del Victoria and Albert Museum di Londra si offerse di comperare la chiesetta per poter staccare gli affreschi di Giotto e trasportarli nella capitale Inglese.
In quel momento, assieme alle autorità più illuminate, il Podestà De Lazara, e altri studiosi, si sollevò la pubblica opinione, quelli che di solito si definiscono come coloro che hanno ben altro da fare che occuparsi di affreschi.
Il Podestà scrisse così alla Delegazione provinciale Austriaca, iniziando non a caso col descrivere la probabile rivolta cittadina:
“Insiste la voce, con inquietudine generale dei cittadini, che una società Inglese possa avere acquistato o tratti dai nobili Gradenigo di Venezia la chiesa dell’Annunziata”. Poi prosegue, parlando di “sventura”, e ricordando che gli Scrovegni disposero che i cittadini di Padova ogni anno potessero entrare liberamente in quella chiesa ed ammirare l’opera giottesca “e averne una scuola morale per l’Inferno le altre religiose rappresentazioni”. (1)
Grazie ai cittadini di Padova dal primo all’ultimo, alla gente comune, sappiamo poi come è finita: dopo l’unificazione con il Regno d’Italia il comune ebbe i fondi per comprare la chiesetta; il resto è storia di oggi.
Perché abbiamo iniziato ricordando questi fatti?
Perché ciò che accadde allora è accaduto in questi mesi, settimane, giorni.
C’è la bellezza, ma se è vero, come è stato ricordato ieri all’inaugurazione della mostra “Giotto alla portata di tutti” a Cartura che “la bellezza salverà il mondo”, è anche vero che in certi momenti della storia spetta alle persone comuni dimostrare che questa bellezza a sua volta può e deve essere salvata, preservata, per poter essere condivisa.
Questo succede nei momenti importanti, ed infatti qui, al di là della mostra in sé, che descriveremo tra breve in poche parole, c’è una comunità (nel senso più ampio del termine) che si è messa in gioco, per salvare la bellezza dalle miserie, dalle incombenze, dal ritmo sfrenato che ci impone la vita, dalle mille cose che ci affliggono, per raccontarla, per condividerla, per poter sentire dentro di sé la soddisfazione intima di donarla al prossimo.
Vorremmo dunque, evitando il burocratese, i numeri, i nomi delle personalità, e tutto ciò che suona come freddo, sottolineare come un gruppo di cittadini, genitori di ragazzi e ragazze che frequentano la scuola, mamme in gran parte, abbiano pensato di portare questo allestimento –una riproduzione 1:4 in legno della Cappella degli Scrovegni, che in 15 anni in giro per l’Italia e l’estero ha portato a più di un milione di visitatori- a Cartura, appunto.
Questi genitori, gente comune del posto (come i cittadini “inquieti” di Padova), hanno poi portato l’idea anche in Parrocchia, per poter fare catechesi con l’aiuto della bellezza giottesca. Nata così, dopo una visita all’oratorio dell’Arena, questa “pazzia” ha dunque coinvolto e travolto dall’entusiasmo prima il Parroco, poi a macchia d’olio un po’ tutti.
Come dicevamo prima non vorremmo dare numeri freddi, ma qualcosina la dobbiamo dire, se già ora, prima dell’inaugurazione, sono stati coinvolti ed erano presenti al taglio del nastro tutti i sindaci, assessori, rappresentanti dei comuni della zona; se già ora, prima di aprire i battenti, ci sono oltre mille e trecento prenotazioni da parte delle scuole e quasi quattrocento da cittadini; se anche novanta volontari circa, persone che magari prima d’ora non avrebbero mai pensato di venire formati (con trascinante entusiasmo dal prof. Filippetti, del quale parleremo tra poco) per essere loro stessi a dover trasmettere questa “gioia” data dalla bellezza agli altri; se altri volontari, una trentina, ancora, si occuperanno dei laboratori allestiti a latere dell’evento, nei quali bambini e ragazzi di tutte le età potranno svolgere attività manuali, toccare con mano, entrare nella storia, nell’arte: addirittura ci sarà chi potrà diventare Giotto, allestendo e dipingendo un piccolo affresco; infine se ben diciotto sponsor hanno sentito di dover contribuire alla buona riuscita.
Insomma i quadri pittorici dell’Arena, riprodotti qui a Cartura, diventano non solo un modo per potervi sostare innanzi con tutta calma (e non, purtroppo i pochi minuti concessi dall’originale), ma, con l’aiuto del prof. Filippetti e i volontari, Giotto diviene divulgatore esso stesso del messaggio evangelico, una sorta di “Dottore della Chiesa”, alla pari, se vogliamo, del Dante della Divina Commedia; cosa, del resto, scontata dai suoi contemporanei, proprio come ha scritto lo stesso Scrovegni nel passo riportato all’inizio.
Dicevamo del prof. Filippetti, che con la sua competenza nell’iconologia e iconografia, unite all’entusiasmo che lo caratterizza, riesce a far comprendere con parole semplici e vive quanto del messaggio biblico Giotto ha talora reso evidente, ma molto spesso nascosto, dentro la grandezza della propria arte.
Roberto Filippetti (professore di iconologia in pensione, che da decenni gira l’Italia e il mondo) è anche, per citare Polito, giornalista del Corriere della Sera: “uomo di fede, che legge il ciclo pittorico di Giotto come un grande testo sacro”. Autore di saggi, libri, conferenze, testi per bambini, si dedica appunto da molto tempo alla divulgazione dell’opera giottesca ma, e lo diciamo a coloro i quali non si sentono particolarmente attratti dalla religione, svelandone gli aspetti nascosti, perciò sconosciuti e affascinanti. Il suo racconto conduce dentro ai misteri dell’arte e della fede, appunto, intrecciandone i piani e perciò svelandoci un Giotto per costoro inusitato.
Dunque un piccolo grande miracolo è avvenuto a Cartura: un avvenimento che coinvolge un intero paese, una zona: per una volta non è una sagra, non è una gara di miss, non è un contest di chef, non sono gli assaggi in piazza, ma, udite udite, la cultura e l’arte, evento nel quale le donne (non è un caso) hanno svolto un ruolo preponderante.
E’ proprio vero che alla fine è sempre “l’amor che move il sole e l’altre stelle”.
SCHEDA DELL’EVENTO
GIOTTO A PORTATA DI TUTTI
Il Vangelo secondo Giotto
La Cappella degli Scrovegni Teatro di Cartura (PD), Piazza dell’Assunta 25
Aperto dal 1/12/2019 al 6/1/2010
• Allestimento: ITACA Associazione di Promozione culturale
• Organizzazione:
Comitato genitori dell’I.C. Tommaseo di Cartura;
Parrocchia di Cartura;
Comune di Cartura;
Pro Loco di Cartura;
Cooperativa sociale Giovani e amici – Umami Factory Cartura;
Carturalmente Associazione culturale;
Informazioni, orari, prenotazioni su: www.giottoaportataditutti.it
(1) Notizie e virgolettati tratti da: “Dante e Giotto, la commedia degli Scrovegni”, di Giuliano Pisani, Salerno editrice, Roma 2016
Foto di G.Tiozzo, testo di E.Chiaretto. Diritti di attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale (CC BY-NC-ND 4.0)