Erik Dalla Valle e il parco di villa Petrobelli a Bertipaglia

Oggi proponiamo ai nostri lettori una intervista tanto importante quanto particolare. Fino ad oggi ci siamo occupati del nostro territorio dal punto di vista del recupero della sua storia e della sua memoria, per poterne conservare le ultime vestigia rimaste e valorizzarle. Questa nostra pianura però propone ben altro e ben di più, se guardiamo anche all’aspetto naturalistico, anzi storico-naturalistico. Scopriamo così di avere avuto la fortuna che proprio qui abitassero e risiedessero personalità che hanno sempre avuto a cuore la conservazione dei loro luoghi intimi, persone per le quali la natura nella quale sono nati e vissuti ha costituito la memoria storica famigliare, un qualcosa che in qualche modo li ha tenuti uniti ai loro antenati che, come loro, hanno vissuto nei medesimi luoghi. È questo, dunque, il caso di quell’angolo fuori dal tempo che è via Merano e la villa Petrobelli, a Cà Murà di Bertipaglia dove, appunto, la storia si respira passeggiando in mezzo alla natura, una natura preservata e amorevolmente curata dal discendente dei Petrobelli, il signor Sergio Chiesa.
Oggi, però, sappiamo che in questi tempi moderni, dove tutto può essere trasformato in denaro, l’amore per un edificio storico, per un vecchio capitello, per un luogo, per un albero, per un parco non basta più. Per conservare, valorizzare e soprattutto preservare per le generazioni future bisogna studiare, catalogare, far conoscere a quante più persone possibili l’importanza di ciò che è giunto fino a noi perché così si crea una coscienza collettiva del bene comune; ad esempio, se ciò fosse accaduto 40-50 anni or sono, la nostra straordinaria Corte Benedettina, col suo brolo ed il muro di cinta, sarebbe ancora in piedi e costituirebbe di certo una grande attrazione, anche turistica.
Ecco, è questo l’aspetto che ci ha spinto a fare questa intervista ad Erik Dalla Valle, autore di una monumentale tesi di laurea proprio sul parco di villa Petrobelli, chi ci ha colpito -e non poco- per l’accuratezza con la quale è stata redatta.

Ma chi è Erik Dalla Valle? Ventidue anni, nativo di Piove di sacco ma residente a Bertipaglia. Ha sempre avuto la passione delle piante, fin da piccolo, quando aiutava il nonno nella preparazione dell’orto casalingo. Ha studiato al tecnico agrario Duca degli Abruzzi di Brusegana e dunque per lui è stato poi “naturale” iscriversi alla Scuola di Agraria all’Università dove ha potuto constatare di essere particolarmente attratto dall’infinità varietà di piante esistenti, il che lo ha invogliato a conoscerle più da vicino, e dare a ciascuna il suo nome: insomma, una voglia irrefrenabile di stampare carte di identità e curriculum vitae per ogni pianta. Giusto Erik?
Erik Dalla Valle (sorride) ah si certamente, mi sento un po’ l’ufficiale dell’anagrafe della natura, delle piante in particolare.

In foto Erik Dalla Valle e la sua tesi di laurea.

Casalserugo e Dintorni (C)- Ma veniamo a noi o meglio alla tua tesi. Intanto mi confermi che abiti proprio a Bertipaglia?
Erik Dalla Valle (E) - Esattamente, sto a poco più di un chilometro da Villa Petrobelli, praticamente dietro l’angolo…

C- E infatti il titolo della tua tesi, che, ricordo, è stata premiata con un bel 110 e lode, è…
E- “Censimento e descrizione delle specie arboree ed arbustive del parco di Villa Petrobelli: uno scrigno di biodiversità nella pianura della bassa padovana”

C- 1200 pagine, una cosa mica da tutti per una triennale, o sbaglio?
E – Beh…Forse ho esagerato un po’ con le pagine…. 1200 e passa pagine sono davvero tante, però, sono talmente orgoglioso di tutto il lavoro che le scriverei nuovamente, se mi fosse richiesto. Comunque, per non divagare troppo, il titolo della tesi esplica esattamente il lavoro che ho svolto all’interno del parco di villa Petrobelli durante l’estate del 2023. In poche parole, ho catalogato tutte le piante arboree ed arbustive presenti all’interno del parco che fossero più alte di un metro d’altezza. Quindi, in pratica, sono state escluse tutte le piante di rinnovazione, ovvero, quelle piantine appena nate dai semi prodotti dalle piante adulte già presenti in loco. Solo in casi eccezionali ho inserito anche degli esemplari che non raggiungevano il metro d’altezza, semplicemente perché non riescono a raggiungerlo. In questo specifico caso, per non inserire anche le specie erbacee, ho verificato che almeno alla base del fusto la pianta avesse lignificato. Il resto del titolo parla da sé… nel parco della villa vi sono specie da tutto il mondo e di particolare pregio, quindi, è assolutamente un tesoro di biodiversità.

Facciata e barchessa di villa Petrobelli. Dalla foto è, inoltre, possibile vedere parte del giardino antistante la villa e l'aia (selexe) ottocentesca.

C – In pratica ci hai già spiegato come sono stati svolti i rilievi…
E – A grandi linee, sì. In aggiunta posso dirti che ogni singolo esemplare è stato geolocalizzato con il GPS per poi essere posizionato correttamente sulle mappe che descrivono il parco, ma vi racconterò meglio in seguito.

C – Esatto, non anticipiamo troppo. Andiamo in ordine. Come ti è venuta l’idea di svolgere un lavoro proprio nel parco di villa Petrobelli?
E – L’idea mi è venuta perché amo catalogare le cose in generale, ancora di più se si tratta di botanica. Inizialmente, volevo svolgere lo stesso lavoro nella ex polveriera a Carpanedo, ma ho visto che già altri avevano fatto studi e tesi di laurea su di essa. Dopo diversi giorni a pensare ad un luogo adatto, mi è venuta l’illuminazione… sono andato a verificare che nessuno avesse fatto un lavoro simile sul parco di villa Petrobelli e lì ho deciso di andare, anche perché ero già stato all’interno del parco anni prima per prepararmi ad una gara botanica a cui ho partecipato con la scuola superiore. In quella occasione era stato Ennio Bottaro, grande amico di famiglia e, praticamente, il mio mentore di botanica, a presentarmi il Conte Sergio Chiesa Petrobelli [il proprietario della villa], il quale è stato a sua volta mentore di Ennio. Poi, nel febbraio del 2023 sono andato a fare un sopralluogo nel parco per rendermi conto se era fattibile svolgere la tesi e, una volta rivisto il parco, mi sono detto: fattibile o non fattibile, non mi interessa, io voglio farla qui!

Vista panoramica del parco nel retro della villa

C – Però, toglimi una curiosità: adesso che l’hai conclusa, era effettivamente possibile farla completamente da solo? Anche perché mi raccontavi che avevi delle scadenze ben precise per consegnarla…
E – Con il senno di poi, no, non è fattibile svolgere tutto il censimento e la stesura della tesi da solo in poco meno di tre mesi, infatti, ho impiegato 4 mesi e mezzo a completarla, posticipando anche la data di laurea che inizialmente era ad ottobre, poi l’ho spostata a dicembre. Io ho iniziato a maggio 2023, però, in questo mese avrò fatto sennò tre giornate piene in totale, mentre, nel mese di luglio ho concluso i rilievi. Il periodo da agosto ai primi di novembre l’ho dedicato interamente alla stesura della tesi. Non so dirvi quante ore precise ci abbia impiegato, però, sul file dove ho scritto il capitolo 7, ho circa 700 ore di modifiche. In totale, sono andato ben oltre le 1000 ore di lavoro. Queste però sarebbero state molte di più senza l’aiuto che mia zia Pina m’ha dato soprattutto sulla parte di stesura e impaginazione della tesi.

C – Bene, ora voglio addentrarmi sui vari capitoli che compongono la tua tesi e subito mi balza all’occhio il capitolo 3 che parla della storia di Ca’ Murà e di villa Petrobelli. Perché hai inserito una parte storica su uno scritto scientifico?
E – Ho voluto inserire una parte storica perché ritengo che la storia di un luogo sia fondamentale per comprendere l’evoluzione che questo ha avuto da quando è stato originato fino ai giorni nostri e solo in questo modo è possibile renderci consapevoli di com’era la vita in queste zone e quanti sacrifici sono stati fatti per arrivare al magnifico risultato che noi tutti oggi possiamo ammirare.

C – Devo dire che sono assolutamente d’accordo con ciò che hai appena detto. Ho visto anche che c’è un paragrafo che parla del proprietario, il signor Sergio Chiesa Petrobelli, anzi “Conte” Sergio Chiesa. Come è stato conoscerlo? È contento anche lui del lavoro svolto?
E – Conoscere Sergio per me è stato davvero un onore. Per chi non lo sapesse, è stato curatore dell’erbario dell’Orto Botanico di Padova per 40 anni ed ha conosciuto molti esperti botanici che hanno scritto la storia della letteratura botanica in Italia. A titolo di esempio cito Carlo Cappelletti che è stato, tra l’altro, l’ultimo vero prefetto dell’Orto Botanico di Padova dal 1948 al 1970 ed è stato lui stesso ad assumere Sergio all’Orto.

C – In che senso è stato l’ultimo vero prefetto?
E – In pratica, i prefetti dell’Orto Botanico si trasferivano con la famiglia in una casa adiacente all’orto, la cosiddetta “Casa del Prefetto”, che oggi è la Biblioteca dell’Orto Botanico. Cappelletti è stato l’ultimo prefetto che viveva praticamente dentro all’Orto Botanico.

C – Interessante, non sapevo di questo particolare. Comunque, ritornando alla domanda precedente, Sergio è contento del risultato finale?
E – Certamente. Lui mi ha sempre aiutato quando avevo bisogno di riconoscere una specie e, nonostante, l’età non sia dalla sua parte, ha ancora una memoria invidiabile. Diciamo che questa meraviglia di parco è solo grazie a lui se esiste.

C – Se non sbaglio il parco è stato nominato anche all’interno del concorso dei parchi più belli d’Italia?
E – Proprio così. Nel 2013 è stato selezionato dal concorso nazionale organizzato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e delle Foreste (oggi MASAF), dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali (oggi MiC) e dal FAI (Fondo Ambiente Italiano) nella sezione dei parchi privati.

C – e non ha vinto?
E – Purtroppo no, però, considera che quell’anno il premio di Parco privato più bello d’Italia è andato al parco Sigurtà, con il quale sarebbe stato impossibile competere.

C – Peccato, sarebbe stato davvero un orgoglio avere nel nostro territorio un parco premiato a livello nazionale… Allora, ritornando all’indice della tesi, dopo la parte storica vi è la parte di descrizione dei rilievi. Visto che ne hai già parlato prima, hai qualcos’altro da aggiungere o proseguiamo con il capitolo successivo?
E – L’unica cosa che voglio aggiungere è che alcuni degli esemplari all’interno del parco, principalmente, quelli di maggiori dimensioni, sono stati anche misurati in altezza e in diametro. Questo perché ero curioso di sapere se vi fossero alcuni alberi che, almeno per il valore naturalistico, quindi, per le dimensioni, potevano essere segnalati per essere inseriti all’interno dell’Elenco degli Alberi Monumentali d’Italia.

C – e ne hai trovati che possono rientrare?
E – Si, esattamente sette per la precisione. Sono praticamente 6 pioppi appartenenti a 3 specie differenti e un gelso bianco. Vi cito il pioppo nero (Populus nigra) che si trova sul brolo, nel retro della villa, che ha un diametro di 159 cm (= 5 m di circonferenza, ovvero, un metro oltre la circonferenza minima indicata dal Ministero) e un’altezza intorno ai 35-40 metri, mentre, il gelso bianco (Morus alba) ha un diametro di 84 cm (= 2,65 m di circonferenza, ovvero, 15 cm oltre la circonferenza minima indicata dal ministero) e un’altezza di 21 m circa.

Pioppo nero (Populus Nigra) di dimensioni colossali che si trova nel brolo, nel retro ella villa.

Gelso bianco (Morus Alba) monumentale che si trova anch'esso nel brolo, nella parte dietro alla villa

C - Impressionante, non ho mai visto un gelso così grande!!!
E – Tra l’altro la zona di Bertipaglia è sempre stata molto importante per i gelsi, i quali venivano coltivati per alimentare i bachi da seta. Tutta la zona di Ca’ Murà sino alle sponde del Canale di Cagnola era coperta da distese di gelsi e vigneti. Un piccolo rimasuglio di queste coltivazioni, sebbene sia d’impianto piuttosto recente, lo si può ammirare proprio davanti all’Agrihotel Ca’ Murà, dove si vedono tutte quelle piante disposte in maniera strana.

C – Ho presente di quali piante stai parlando, sono effettivamente tutte contorte, ma comunque riescono a risultare come valore aggiunto al paesaggio della zona.
E – A proposito di paesaggio, mi riattacco al discorso degli alberi monumentali aggiungendo che vi è anche il filare di Pecan (Carya illinoinensis) che costeggia Via Merano, la strada che passa davanti all’ingresso della villa che per la sua unicità e rarità botanica, secondo me, può rientrare all’interno dell’Elenco, anche perché ho atto numerose ricerche e, in Italia, non ho trovato nessun altro caso uguale.

Filare di Pecan che costeggia via Merano. A sinistra si può vedere uno scorcio dell'ex casolino di Ca' Murà e le mura antistanti Petrobelli.

C – Ma aspetta, le Pecan non sono delle noci?
E – Esattamente, il Pecan è l’albero che produce tali noci che ormai si trovano facilmente anche al supermercato insieme agli altri tipi di frutta secca.

Particolare dei frutti del Pecan. Il guscio che si riconosce dalle suture alate (le parti sporgenti) ha una forma ovale e a maturazione diviene color bruno scuro.

C – Quindi, deduco che non è una specie nostrana, giusto?
E – Perspicace, devo dire (ride, ndr)!!! A parte gli scherzi, hai perfettamente ragione. È una specie originaria degli Stati Uniti e, come suggerisce il nome in latino, viene dall’Illinois. Un autore britannico, se non sbaglio William Jackson Bean, ipotizzava che il primo esemplare introdotto in Europa fosse stato piantato all’Orto Botanico di Padova nel 1760. Purtroppo, questo esemplare è deceduto negli anni ’20 del secolo scorso, però, vi sono ancora esemplari all’Orto Botanico.

C – Quindi, anche gli esemplari presenti nel parco della villa provengono dall’Orto Botanico?
E – Esattamente. Sergio mi raccontava che questa specie l’aveva portata a casa dall’Orto Botanico per vedere se riusciva a sopravvivere da sola nel nostro clima. Moltissime altre specie sono state testate da Sergio proprio nel parco di casa sua. Lui portava a casa, piantava e osservava cosa succedesse. Se la pianta fosse morta, avrebbe saputo che o non era adatta al clima o semplicemente, richiedeva di essere protetta in serra durante l’inverno. Infatti, nel retro della villa è presente una serra, ormai completamente dismessa, dove Sergio faceva questi test di germinazione dei semi e di crescita delle piantine. In pratica ha creato una succursale dell’Orto Botanico.

C – Bella questa storia della succursale…
E – beh, questa battuta non è farina del mio sacco. È Sergio stesso che me l’ha detto!!! Tra l’altro all’interno del parco vi sono delle specie che non sono più presenti all’Orto Botanico di Padova.

C – Ad esempio?
E – Ve ne cito due: il sambuco nero a foglie laciniate (Sambucus nigra var. laciniata) e la mora di gelso cinese (Maclura tricuspidata). Questo vi fa capire l’importanza che ha questo parco a livello botanico e quanto importante sia tutelarlo.

Particolare dell'infiorescenza ad ombrella composta e delle foglie composte laciniate del Sambuco nero a foglie laciniate (Sambucus nigra var. laciniata).

Pianta in fruttificazione di Mora di Gelso Cinese (Maclura tricuspidata). In basso a destra, vi è un particolare dei frutti, che in realtà, quelli rossi sono dei falsi frutti (si chiama sorosio).

C – Su questo mi trovi completamente d’accordo. A proposito di tutela, prima hai citato l’Elenco degli Alberi monumentali d’Italia. Perché vuoi iscrivere gli esemplari che ci hai citato prima in questo elenco? Se venissero accettati, cosa cambierebbe?
E – Una volta che un albero o un filare viene registrato all’interno dell’Elenco, a questo è posto un vincolo di monumentalità, pertanto, è tutelato ai sensi della legge n.10/2013 e successive norme in materia. In parole povere, queste piante non si possono toccare, nel senso che possono essere svolte delle operazioni come le potature e quant’altro solo in casi di necessità e previa autorizzazione da parte del Comune e seguendo delle tecniche apposite per recare meno danno possibile alla pianta tutelata.

C – Ma dai… non avrei mai detto che in Italia ci fosse una legge per tutelare gli alberi monumentali. Comunque, continuando il nostro cammino lungo l’indice di quest’opera pantagruelica, ho visto che nel capitolo 5 parli delle particelle e sottoparticelle del parco. Perché hai dovuto dividere il parco in piccole parti? Io ci sono stato una volta e non mi sembrava così grande da richiedere una suddivisione in parti più piccole…
E – È vero, non è molto grande come parco, sebbene siano complessivamente circa 3,5 ettari, però, per rappresentare opportunamente gli esemplari nelle mappe, per evitare che venissero fuori delle nuvole di punti, ho dovuto suddividere il parco in 9 particelle, di cui 5 sono state ulteriormente divise per un totale di 27 sottoparticelle. Nel capitolo 5, quindi, è descritto il parco nella sua interezza e poi, per ogni singola particella e sottoparticella vi è una descrizione sommaria all’inizio e poi una serie di tabelle che riportano le specie censite, oltre che alle mappe con i punti che corrispondono ai singoli esemplari presenti, i quali hanno un numero identificativo univoco che vi permette di sapere la specie e la famiglia botanica d’appartenenza.

Mappa estratta dalla tesi rappresentante le 9 particelle del parco di Villa Petrobelli.

Esempio di mappa di una sottoparticella con indicati i singoli esemplari mediante dei simboli circolari con all'interno il numero identificativo. In questo caso è rappresentata la sottoparticella EST RR2.

C – Diciamo che solo questo capitolo è ben più lungo di qualsiasi tesi triennale…
E – Eh, praticamente sì. Ma il bello deve ancora arrivare. I tre quarti della tesi, in realtà, sono occupati dal capitolo 7 che, come vi ho detto prima, è quello che mi ha richiesto più tempo.

C – E a cosa è dovuto tutto questo tempo impiegato?
E – Essendo il capitolo dedicato alla descrizione delle specie rinvenute, ho scritto una scheda identificativa che descrive nei dettagli le caratteristiche morfologiche, usi, curiosità, ecc. per ogni singola specie presente. Diciamo che è la parte più noiosa e complessa per chi non è avvezzo di botanica. In totale, nel parco sono stati rinvenuti 987 esemplari, suddivisi in 246 specie diverse appartenenti a 66 famiglie diverse. Quindi, considerando che sono venute circa 3-4 pagine di descrizione per ogni specie, sono quasi un migliaio le pagine di questo capitolo.

C – Però, raccontaci qualcosa in più delle specie rinvenute. Il titolo della tesi parla di specie arboree e arbustive. Come sono divise tra loro?
E – Tra le 246 specie, 125 sono arboree e 108 sono arbustive. Le restanti sono suddivise in: 1 specie di palme, 9 grandi erbe e 3 erbe rampicanti.

C – Tra queste, qual è la specie più rappresentata?
E – Domanda molto interessante. Allora, la specie più rappresentata è quella dell’alloro (Laurus nobilis) con ben 56 esemplari censiti. È una specie autoctona che riesce a diffondersi abbastanza facilmente, senza però, risultare invasiva.

C – E quella più particolare?
E – Di specie particolari all’interno del parco ce ne sono diverse, però, se devo sceglierne una ti cito l’Orixa japonica. La ritengo particolare perché ha un pattern che si ripete della disposizione delle foglie lungo il rametto. Guardando il rametto dall’alto, a partire dalla foglia più vecchia, cioè quella vicina all’attaccatura del rametto, il pattern di angoli delle foglie successive è di 180 gradi, 90 gradi, 180 gradi e 270 gradi. Lo schema, poi, si ripete.

Particolare del rametto con foglie di Orixa japonica. Dalla foto si riesce ad intravedere il particolare pattern d'inserimento delle foglie sul rametto. La foglia in alto a sinistra è quella più vecchia, cioè è quella più vicina alla base del rametto. 

C – Che cosa strana è la natura, però… aspetta un attimo, riguardando l’indice, siamo passati subito al capitolo 7 senza parlare del capitolo 6. Spiegami velocemente cosa sono queste chiavi dicotomiche. A cosa servono?
E – Caspita, hai ragione, ho saltato a piè pari questo argomento. Semplicemente la chiave dicotomica, chiamata anche chiave di riconoscimento, è uno strumento che permette di riconoscere una specie a partire dall’osservazione di un campione (foglie, fiori, frutti, ecc.) e grazie a delle domande sequenziali, dobbiamo scegliere solo una delle alternative proposte. Una volta scelta l’alternativa che riteniamo più corretta, si passa alla domanda successiva fino a che non si arriva ad una specie precisa. In questo caso, però, la chiave dicotomica che ho creato si basa solo sull’osservazione dei caratteri di un rametto con foglie.

C – Quindi, se mi volessi cimentare nel riconoscimento di una foglia raccolta all’interno del parco, basta seguire questa chiave e dovrei trovare la specie d’appartenenza?
E – A grandi linee, sì. Come ho già detto, sarebbe meglio avere un rametto con le foglie, in quanto alcune specie è impossibile riconoscerle solo dalle foglie, però, anche solo con una foglia, nella maggioranza dei casi, si riesce a identificare la specie corretta.

C – Senti, siccome ormai siamo quasi alla fine, volevo farti una domanda che “esonda” un poco dal tuo ruolo di studioso ed esperto: cosa si può fare per tutelare maggiormente un simile “tesoro” (così come quello di altri parchi privati). Bastano le leggi che ci sono?
E – Mah, vedi…Alcune leggi di tutela ci sono, in effetti, come quella del registro degli alberi monumentali. Purtroppo, né su Villa Petrobelli né sul Parco esiste alcun vincolo di sorta. Io direi questo: lavoriamo per inserire dei vincoli, anche minimi, e poi la mentalità nostra deve esser quella di spingere affinché le autorità pubbliche vigilino perché questi beni naturali non vengano deturpati. È pur vero che le piante non vivono all’infinito ma la tutela del paesaggio è importante e per come la vedo io siamo proprio noi cittadini che dobbiamo farci avanti, controllare.

C – Ottimo, un paio di domande ancora. Senti: se qualcuno volesse consultare il tuo scritto, dove può farlo?
E – Può farlo liberamente all’interno dell’archivio digitale delle tesi dell’Università di Padova oppure, a breve, dovrebbe essere posta una copia all’interno della Biblioteca Comunale di Maserà di Padova, dove è liberamente consultabile.

C – Perfetto. Ti ringrazio per questa chiacchierata e speriamo che qualcuno noti questo tuo lavoro che ha richiesto tanto tempo e passione.
E – Vi ringrazio io per la bellissima occasione di divulgare la mia tesi su questo sito meraviglioso che è anche lui uno scrigno di storia e cultura locale, curato in ogni minimo dettaglio, che rende giustizia al nostro territorio che spesso viene ignorato, ma che in realtà nasconde ancora moltissime storie da scoprire e da raccontare.

C- Ecco, a questo proposito, possiamo sperare di poterti annoverare, eventualmente, come nostro collaboratore per gli aspetti che riguardano il lato “verde” del nostro patrimonio locale?
E- Certo, ci mancherebbe!

Casalserugo, 10-1-24

Letture Consigliate:
   • Beltrame, Don G. (1999). Maserà di Padova con Bertipaglia e Ca’ Murà. Maserà di Padova: Editrice Maseratense.
   • Brickell, C. (1998). Il Giardinaggio. Dizionario delle Piante Ornamentali dalla A alla Z. Torino: UTET-Garzanti.
   • Brosse, J. (2020). Storie e Leggende degli Alberi. Roma: Edizioni Studio Tesi.
   • Chiaretto, E. (2019). Storie nella storia di Maserà. Maserà di Padova: Susil Edizioni.
  • Callegari, R. (2019). Un buon comandante. Con il generale Umberto Chiesa attraverso due guerre. Treviso: Editrice Storica.
   • Converso, C. (2022). Testimoni Silenziosi. Racconti di Alberi Monumentali. Torino: Buendia Books.
  • De Theis, A. (2000). Etimologia dei nomi delle piante. Cosenza: Edizioni Prometeo. Ristampa dell’opera del 1815: Spiegazione Etimologica de’ Nomi Generici delle Piante. Vicenza: Tipografia Parise.
   • Farjon, A. (2017). A Handbook of the World’s Conifers. Voll. (II ed.). Leiden-Boston: Brill.
   • Ferrari, M., Medici, D. (2008). Alberi e arbusti. Manuale di riconoscimento delle principali specie ornamentali (IV ed.). Bologna: Edagricole – New Business Media.
   • Johnson, O., More, D. (2021). Alberi d’Europa. Guida da campo a 1600 taxa e oltre 4000 illustrazioni a colori. Roma: Ricca Editore.