Esattamente 65 anni fa, il sei agosto 1958 moriva a Roma Leonino Da Zara, anzi il barone Da Zara, che l’undici dello stesso mese avrebbe compiuto settant’anni.
Diciamo subito che non è facile parlare di Leonino in modo sbrigativo, poiché il personaggio ha vissuto ben due parabole: la prima molto ripida sia in ascesa che in caduta, iniziata agli albori del XX secolo e bruciata come un fuoco di paglia in pochissimi anni ma che lo ha elevato ai livelli di leggenda, di mito popolare per poi concludersi come in una tragedia greca. La seconda parabola, o sarebbe forse meglio dire una retta, è un crescendo che inizia dopo la morte, dopo il dimenticatoio e l’oblio durato quasi quarant’anni, quando un libro di Giorgio Evangelisti, lo va a “scovare” riproponendo tutta la sua storia, un crescendo che dura a tutt’oggi e si alimenta da venti e passa anni, al quale crediamo di avere contribuito anche noi di Casalserugo e dintorni con le nostre ricerche.
Non è questa la sede per una biografia, che del resto si può trovare ovunque, persino su Wikipedia, fatta piuttosto bene, anche se consigliamo naturalmente il manoscritto del compianto Claudio Maritan, (LDZ Leonino da Zara s.d.) che lo ha conosciuto personalmente e, senza falsa modestia, oltre al già citato Evangelisti (Leonino da Zara e il campo di volo di Bovolenta, 1996) il volume del nostro collaboratore Ennio Chiaretto del 2018 (Storie nella storia di Maserà). Se poi vogliamo avere anche un bell’apparato iconografico consigliamo il libro di Ferruccio Sabbion del 2016 (Leonino Da Zara il pioniere del volo nei Patriarcati).
Oggi parliamo invece degli ultimi giorni di Leonino, quelli che, con l'incedere di eventi inarrestabili, danno proprio l’idea del compiersi di un destino tragico ineluttabile, per un uomo che fu tra i più famosi personaggi di un’epoca morta e sepolta molto prima di lui: quella della Bell’Epoque e dell’esposizione internazionale di Parigi; quando tutto ciò che era stato sembrava dover soccombere sotto la potenza della scienza e della tecnologia, proprio come andava affermando il neonato futurismo e quando la grande guerra non era nemmeno ipotizzabile. Un tempo nel quale Padova, ancora piccola provincia, mangiava al Ristorante Storione, si incontrava al Casino Pedrocchi e si preparava a far esplodere urbanisticamente la propria ricchezza al di fuori dalle mura antiche.
Si era insomma all’alba di un nuovo secolo, al quale nulla pareva precluso ed il progresso era lì, a portata di mano, bastava prenderlo. Certo: per prenderlo ci volevano i soldi ma Leonino ne aveva a palate; però non era l’unico rampollo ricchissimo a nuotare nel danaro a Padova. Per restare alla famiglia del nostro protagonista c’era il cugino Marco, detto Neni, figlio dello straricco, influentissimo finanziere, l’amato zio Giuseppe. Marco, di un anno più giovane di Leonino e parimenti pieno di “grana”, amava soprattutto il gioco. Prima di mettere la testa a posto, il buon Marco perdeva soldi con esasperante continuità al tavolo verde, tanto che Giuseppe ebbe a dire di suo figlio: “Il problema non è che perde tanti soldi, il problema è che vuole rifarsi”. Non abbiamo cronache dirette ma di sicuro i due giovanotti avranno passato molto tempo assieme, avendo come obiettivi comuni il divertimento e le donne. Ben presto però per Leonino, che era già persona colta, attratta dalla scrittura e dalla poesia, affascinato da d’Annunzio, arrivarono le moto, le macchine e gli aerei. Erano passatempi da “sportsman” temerario che costavano come una missione lunare Apollo ma che consentivano ai protagonisti (quelli che non si schiantavano miseramente) di finire dritti sulle prime pagine dei giornali, acclamati come star del bel mondo. In effetti fama e celebrità per il nostro protagonista furono come una irresistibile droga che egli consumò a piene mani ma che ne consumò anche l’esorbitante patrimonio.
Perché abbiamo parlato di Marco? Perché fu lui che, venuto a sapere quasi per caso della morte di suo cugino Leonino, memore, evidentemente, delle gozzoviglie di gioventù, ne pagò le spese funerarie, in quanto l’ex gloria nazionale -l'oramai fu eroe dell’automobilismo e dell’aviazione- era morto in assoluta indigenza, raccattato da una panchina della capitale come uno sconosciuto barbone e portato in un ospedale psichiatrico in preda a grave stato confusionale.
Non che il “povero” Leonino non avesse fatto di tutto per risollevarsi. Ingenuamente avrà pensato che con tutti quelli che aveva personalmente aiutato elargendo denaro, qualcheduno si sarebbe fatto avanti. Che ne so: magari anche la parrocchia di Ronchi di Casalserugo, visto che senza la sua più che munifica donazione quel piccolo borgo non avrebbe mai avuto neppure una nuova chiesa. O lo stesso Stato Italiano, memore del leggendario “un milione” di lire -stile Signor Bonaventura- si dice profuso dal barone nel 1911-12 per l’acquisto di aerei (su per giù oltre un miliardo di euro di oggi, altri dicono che regalò un aereo, non che la cifra fosse molto differente); o la donazione di tutte le sue terre dei Patriarcati per la costruzione di case popolari.
Villaggio Da Zara, video girato il 25 ago 2018 per il lancio del volume di Ennio Chiaretto Storie nella Storia di Maserà.
E lasciamo stare gli “amici”, naturalmente scomparsi tutti. Giuseppe Toffanin (Padova 900, 1991) scrive una cosa molto giusta: “Leonino ebbe il demerito di circondarsi di scrocconi profittatori; per il suo addio al celibato (si sposò con la cugina Carolina, figlia di Giuseppe con esito disastroso, n.d.r.) regalò a tutti i convenuti come ricordo un pesante portasigarette d’oro”.
Il Gazzettino, nel ricordarlo qualche giorno dopo la morte, scrisse che “Era stato a Padova due anni fa (…) ma era apparso stanco e sfiduciato (…) Tutti gli amici e anche molti di coloro che egli aveva beneficiato si erano tenuti a distanza. Quando il 21 luglio fu ricoverato in un ospedale (…) troppo pochi gli hanno rivolto una parola di conforto”
Dunque Leonino va ricordato come un grande benefattore? Ma quando mai! Più che altro scriteriato donatore a pioggia.
Allora va incensato perché con i propri dipendenti e fittavoli si comportò in modo generoso, come il padre Leone? No, affatto: era il contrario di suo padre, era capace di slanci di generosità per gli amici ma anche di chiedere improvvisi e salati aumenti di affitto ai contadini che lavoravano le sue terre e per questo non veniva di certo amato incondizionatamente da molti nel suo paesetto.
Allora fu antifascista? No, anzi: all’inizio fu una fervente camicia nera. Solo molto più tardi la sua adesione al regime si fece tiepida, fino all’aperta critica, cosa che gli costò il confino.
Allora lo ricordiamo perché è stato un esempio da seguire? Per carità, per dirla con le parole del famoso calciatore George Best a un giornalista che gli chiedeva perché viveva in povertà, cioè dove erano finiti tutti i soldi guadagnati rispose: “Ho speso tutto in donne ed alcool, il resto l’ho sperperato”.
No, Leonino va ricordato perché nella sua vita ha fatto e disfatto tante di quelle cose che noi, comuni mortali, non saremmo riusciti a fare e disfare in dieci vite:
• Poeta (ebbe recensioni anche da d’Annunzio in persona)
• Romanziere (un suo romanzo ha avuto successo persino in Francia e tradotto)
• Saggista (propose numerose leggi al parlamento, per svariate iniziative e su svariati temi)
• Giornalista e critico teatrale (scrisse anche sul “Popolo d’Italia”)
• Capo dell’ispettorato del Ministero dell’Educazione Nazionale Monumenti e Scavi (archeologo)
• Fondatore di un teatro popolare a Napoli; compositore di musica da operetta e canzoni napoletane
• Uno degli artefici (riconosciuti) della nascita dell’aviazione militare in Italia
• Organizzatore e promotore dei finanziamenti per la costituzione della prima flotta aerea militare
• Fondatore del primo aeroclub d’Italia e del primo aeroporto civile in Italia
• Recordman mondiale di velocità in automobile (davanti agli occhi di Enzo Ferrari, allora un bambino che volle ricordarlo in un suo volume)
• Organizzatore di eventi sportivi e finanziatore di infinite gare ed eventi in quasi tutti gli sport, compreso il nascente “giuoco del calcio”. Qui fu tra i promotori del primo torneo internazionale disputato in Italia.
• Presidente della Croce Rossa durante la prima guerra, insignito di alta onorificenza anche in Francia.
• Amico di una serie innumerevole di personalità leggendarie in Italia e all’estero, ad esempio grazie a lui Evita Peron venne a trascorrere le vacanze sulla riviera ligure.
E ci dimentichiamo certamente di qualcosa. Ecco perché bisogna ricordare Leonino da Zara. Dai, suvvia, ammettiamolo: quanti di noi, coi suoi soldi, avrebbero rischiato la vita ogni giorno per anni? Al massimo saremmo stati tanti “Marco detto Neni”, del quale ci si ricorda solo perché in età matura, dopo avere sperperato al gioco una fortuna, sposò la famosa attrice Carla Candiani e poi con l’hobby dei cavalli da corsa fece discreto malloppo. Invece Leonino fu ben altro. E cosa fu? Fu mito e leggenda, qualcosa che questo territorio deve coltivare con serietà; ebbe le sue contraddizioni, i suoi limiti, se ne può discutere e molto, ma anche moltissimo ancora è ciò che non è noto, che si è perso! Ma vedete: proprio per questo ancora più affascinante.
Casalserugo e dintorni
La bibliografia essenziale è citata nel testo. Per completezza occorre aggiungere anche il lavoro di Cristina Ravara Montebelli: Diplomatici e personalità ebraiche a San Marino (XIX-prima metà XX sec.), Bookstones Rimini 2019.
Il fotomontaggio di copertina ritrae Leonino vestito in alta uniforme che osserva ipoteticamente la sua residenza di Casalserugo (da: G. Toffanin, Padova 900, Editoriale Programma 1991 pag. 75 e La Stampa Sportiva, 1908). Per le opere di Leonino Da Zara si veda bibliografia generale.
Cimitero di Bovolenta e la tomba di Leonino. Video girato il 30 ago 2018, per il lancio del volume di Ennio Chiaretto Storie nella Storia di Maserà.