BRUNO LAZZARETTO: LA MIA MASERA’ CHE NON C’E’ PIU’

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Nella foto la veduta del borgo di Maserà, realizzato in cartone, così come la ricorda il signor Bruno Lazzaretto:
in primo piano in basso a sinistra le rotaie del treno con lo scambio, diritti per Cagnola e Conselve e il binario morto che entra in via Terradura.
Davanti, dopo la Conselvana, con le finestre verdi, si vede la ex caserma dei carabinieri (oggi banca) e dietro la Corte Da Zara con le sue lunghe mura ancora visibili
Dietro la corte la Pieve col campanile e la canonica.
In basso a destra, davanti alla caserma l'ex municipio ora biblioteca, la casa del segretario (non più esistente). All'estrema destra in basso le ex scuole elementari Mazzini, oggi sede di una banca e di alcune associazioni.

BRUNO LAZZARETTO: LA MIA MASERA’ CHE NON C’E’ PIU’
Di Ennio Chiaretto

Nota importante: tutta l’intervista si è svolta in dialetto. Chi può deve ricostruirla con le vere parole e con le inflessioni di tono e di voce: insomma il lettore stesso, veneto e padovano, è chiamato a dare il “colore” alle frasi che per forza di cose sono in bianco e nero.
Sabato 10 settembre 2022, una mattina di sole settembrino, per la verità ancora piuttosto agostano.
Esattamente tre anni dopo (non un giorno di più né uno di meno) avere ammirato il lavoro del signor Bruno alla sagra di Maserà del 2019, durante la quale ha esposto il suo magnifico ed enorme “cartonastico” (dopo vi spiego) di Maserà, lo incontriamo assieme alla moglie Maria nella loro bella e grande casa di via Conselvana.

“Questa casa ci è costata una vita di sacrifici” mi sussurra la signora appena accomodati e non si fa fatica certo a crederle.

Già entrando il signor Bruno mi racconta un aneddoto che mi riguarda, che coinvolge mio zio Silvio, il fratello di mia madre, che faceva l’imbianchino.

“Una volta –mi dice- ero ancora piccoletto, andai a dare una mano a tuo zio per un lavoro poco prima di Bovolenta, dove il famoso Leonino Da Zara aveva donato la sua terra e si erano potute costruire delle case popolari, ciascuna con il nome di un aviatore sopra la porta”.


Lo guardo stupito, e mi esce un “Ma dai!”
“Certamente –prosegue- ma non è tutto: eravamo proprio lì a lavorare che ad un certo punto arriva un’auto nera, grande, con l’autista che scende, apre la porta e compare davanti a noi il Barone in persona, accompagnato da una gran bella donna al suo fianco”
Bruno nota il mio stupore e aggiunge: “Il direttore dei lavori lo porta in giro nel cantiere e si vede che l’illustre ospite e signora guardano e ascoltano compiaciuti le spiegazioni. Poi fa radunare i lavoranti e ad ognuno offre una piccola mancia, “compratevi qualcosa da bere” poi monta in macchina e se ne va”.
Straordinario. Si vede che Bruno è ansioso di dirci quello che sa, che si ricorda, mentre Maria, seduta sul divano, osserva con curiosità il lavoro di Giuseppe Tiozzo, armato di macchina fotografica e obiettivi, che tenta di catturare qualche momento della nostra chiacchierata.

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Ennio-Cominciamo: allora Bruno, dimmi qualcosa di te…
Bruno-Sono nato il 14 marzo del 1942, a Maserà… Più o meno a metà di via Coeghe. Mia madre faceva la casalinga mentre mio padre faceva un po’ il contadino, un po’ il mediatore.
E- Qual è la prima cosa che ti ricordi di Maserà?
B- Beh…allora… la prima cosa… Mah… direi senz’altro il tragitto a piedi da via Coeghe per andare alla scuola elementare in piazza.
E- Un percorso lungo e accidentato, immagino
B- Eh, insomma, la strada era di terra, piena di buche, bastava una leggera pioggia per riempirle d’acqua e rendere tutto il tragitto fangoso. E noi bambini, braghe corte, con le nostre “sgalmarette” ai piedi via, andare! Capivamo di essere quasi arrivati quando passavamo sopra le rotaie del treno, all’inizio di via Terradura.
E- Che non era asfaltata nemmeno quella, immagino
B- Assolutamente no! Se aveva piovuto, tutta la strada fino alla scuola era una distesa di fango!
E- Quindi, se non ho fatto male i conti e per rimanere nell’attualità, i tuoi ricordi più vecchi risalgono all’epoca dell’insediamento sul trono dell’appena defunta regina Elisabetta d’Inghilterra: i primi anni cinquanta del novecento.
B- Eh beh, sì…avevo 9, 10 anni…
E- E naturalmente ti ricordi anche la sagra di Maserà di quei tempi?
B- Come no, e pure la processione con in testa Don Bastiàn!
E- Com’era con voi bambini il famoso arciprete?
Bruno esibisce una espressione significativa, come quando vai a ciucciare un limone
B- Beh, con noi bambini non era molto buono…
E- In che senso?
Con una faccia torva, che evidentemente imita il vecchio parroco, mette la mano di taglio leggermente inclinata ed esclama: “Pìcoi!!”, al che ridiamo tutti divertiti.
E- Un personaggio di una volta insomma, dell’ottocento, ruvido…
B- Si hai detto bene di una volta proprio.
E- A proposito di personaggi: chi altri ti vengono in mente di quei tempi che giravano per Maserà?
B- Ricordo l’artista, Toni Casotto, ma soprattutto mi ricordo del nuovo prete, di Don Luigi. Ah quello si me lo ricordo bene, la sua presenza copriva veramente tutta Maserà.
E- E Don Luigi com’era? Anche lui della scuola di don Bastiàn o diverso?
B- No, era assai diverso: una persona molto, molto intelligente! Anche furbetto…
E- Senti una cosa: i tuoi ricordi da bambino e poi da giovane sono di una Maserà come paese povero?
B- Eravamo tutti poveri, quelli che “stavano bene” si potevano contare sulle dita di una mano, forse anche meno. Tra loro mi sembra si possa mettere anche “Peaoche” col suo magazzino di laterizi e rivendita bombole di gas. Ti posso dire che ricordo i cognomi che sentivo dire essere i più benestanti a quei tempi: Toaldo, Santinello, i Bertipaglia che avevano la casa proprio all’imbocco di via Trento..

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E- Quella grande fattoria, la “boaria” che sta cascando?
B- Si proprio quella: era di “Ossi”
E- Eh?
B- Ma si, il soprannome dei Bertipaglia era “Ossi”
E- Ah, ho capito. Senti e poi che suola hai fatto? A che età sei andato a lavorare?
B- Ho fatto le elementari, ma le medie no…Giusto un pò di scuola serale ma a diciotto anni ho iniziato a lavorare: al mercato coperto di Padova, addetto al peso, ai clienti insomma un po’ di tutto. Questo per tutti i successivi quarant’anni.
E- E veniamo al resto. A che età hai conosciuto la signora Maria? E dove vi siete conosciuti?
Bruno e signora ridono di gusto
B- Alla sagra di Maserà ci siamo conosciuti, sì sì… Lei aveva diciassette anni, io qualcuno in più…
Dal divano arriva una voce divertita: “Si è ridotto l’età di un anno, mi ha imbrogliato…”
B- Si, perché all’epoca troppa differenza di età non era ben vista, ma insomma, dopo un po’ le ho detto quanti anni avevo veramente… Dopo tre anni ci siamo sposati e dopo sei è arrivata Elena.
E- Terminato il periodo lavorativo al mercato ortofrutticolo, arriva la pensione…E con quella è nata la voglia di costruire il modellino di Maserà.
B- Non direi così… Piuttosto, sai, si parlava spesso, anche a casa, dei tempi di una volta, di com’era diversa Maserà. Insomma così. Per divertimento ho iniziato a costruire il modellino di via Coeghe ed è a quel punto che mia figlia, Elena, ci ha messo il becco: papà, perché non fai il modellino di tutta Maserà?  Subito mi era sembrata una cosa troppo difficile, ma poi…
E- Ma poi?
B- Ho iniziato e mi sono appassionato via via sempre di più a questa cosa…
E- Cosa hai usato per ricostruire com’era fatto il paese?
B- Niente. Nessuna foto, nessuna cartolina. Ho preso solo quello che c’era qua dentro (indica la testa)
E- Solo i ricordi? Proporzioni, luogo, dimensioni dei fabbricati…Tutto?
B- Si si... Tutto quanto
E- Dimmi un po’, ma ci deve essere anche tanto “amore” per Maserà per fare questa cosa che ti avrà occupato un sacco di tempo e spazio, non ci sarà stata solo la voglia di mostrare com’era fatto il comune.
B- Si, man mano che proseguivo sentivo che dovevo fare bene, sempre meglio: sistemavo, ritoccavo, curavo i dettagli, spostavo una casetta di un centimetro, a un'altra abbassavo un po’ il tetto…
E- In effetti penso che questo si possa considerare amore per il posto dove si è nati…
B- Certo, certo… per dove si è nati, per la propria gioventù, un modo per ricordare insomma.
E- Dal punto di vista realizzativo come è stato il lavoro? Come hai proceduto?
B- Usando cartone e cutter. Sagomavo i cartoni in base al ricordo. Casa per casa, dettaglio per dettaglio.
E- Come mai la fornace in via Bolzani non c’è?
B- Perché non c’era già più quando io ero piccolo, è stata abbattuta prima
E- Puoi darmi un’idea di quanto materiale hai usato?
B- Ah, non saprei proprio… Direi svariate decine di cartoni, specie quelli da pizza…Fornitura alla quale hanno contribuito anche i vicini di casa… Poi, si, altri cartoni, colla a volontà, colori, pennelli…insomma così. Tra una cosa e l’altra ci ho messo un anno, di ritagli di tempo ma un bel lavoro impegnativo.
E- Quindi un plastico ma fatto solo di cartone. Ascolta: se tu volessi fare la statuina di un personaggio da mettere dentro al tuo “cartonastico” chi ci metteresti dentro? Don Bastian? Don Luigi? Chi?
B- Fammi pensare…Sai cosa? Ci metterei una persona in particolare: la “Regina Arna”, col suo carrettino sotti i platani, come era e come tante volte per tanti anni l’ho vista. E già che ci sono, sempre sotto i platani ci starebbe bene anche il carrettino del gelataio…
E- Il gelataio? La signora Marcella di Albignasego?
B- Si c’era anche lei, il lunedì al mercato, ma io ti parlo di “Forcoìna”!
Questa mi giunge davvero nuova.

E- Chi?
B- Forcoìna, ma sì! Abitava in comune di Carrara ma credo piuttosto più verso Cagnola che il centro di Carrara e veniva col suo carretto a Maserà.
E- Ho visto sulla tua ricostruzione di Maserà che negli anni cinquanta c’era ancora tutto il muro perimetrale della corte da Zara. Quand’è che è stata abbattuta?
B- Non mi ricordo ma dopo, molto dopo. Anni settanta credo. Certo che con la sensibilità di oggi, se ci fosse ancora non dico tutto ma qualcosa di quei tempi, sarebbero attrazioni da visitare… Solo la mura perimetrale sarebbe uno spettacolo.
E- Prima di finire volevo chiederti una cosa particolare: perché dentro hai sentito il bisogno di trasmettere a chi non c’era la tua memoria, in questo caso di un posto a te particolarmente caro? Che cosa significa il ricordo, la memoria?
B- Io penso che sia importante perché riguarda un pezzo di noi che lasciamo a chi viene dopo, una specie di eredità che viene data da parte di chi c’era a chi invece non ha potuto vedere.
E- Riprenderai in mano il tuo lavoro su Maserà, magari aggiungendo qualcosa?
B- Pensa che volevo metterci una cosa che mi ricordo bene ma non avevo ancora avuto tempo e modo di fare e posizionare…


Detto questo Bruno si alza, sparisce qualche istante e torna con dei “modellini” dai quali traspare ancora il nome di qualche pizzeria del luogo.
“Ecco qua –mi dice mentre mostra orgoglioso una sua creatura- questo è un casone col tetto di paglia che stava in fondo a Via Trento, e me lo ricordo bene. Appena l’avrò finito e colorato lo metterò nel posto giusto”.
Fantastico signor Bruno. E grazie per il suo pezzo di memoria: così bello e così utile!
Una foto tutti insieme e poi salgo in macchina per andare via. Mentre usciamo dal cancello cerco di afferrare che cos’è che mi fa stare così bene, così contento. Non so, ma credo sia la consapevolezza di avere contribuito a fare in modo che non tutto il passato vada perduto, ovvero che qualcosa, grazie a Bruno e a quelli come lui -spero tanti- si salvi dalla cancellazione della memoria operata da questa ottusa modernità.

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Nella foto : Il nostro collaboratore Chiaretto Ennio col signor Bruno e la moglie Maria.

Sotto: legenda del modellino di Maserà di Padova anni 50

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Sotto: Dettaglio della caserma dei Carabinieri 1960 (n°11) - Municipio (n°9)

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Sotto: Dettaglio della Corte Benedettina "Da Zara" (n°7)

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Sotto: aerea del centro di Maserà di Padova

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Casalserugo e dintorni 23/09/2022