Nella foto le distillerie di Cagnola negli anni ’50 del novecento
ILARIO MONTESI, LO ZUCCHERO DELLA BASSA PADOVANA E LA VERA STORIA DELLE DISTILLERIE DI CAGNOLA
La storia dello zucchero in Italia parte da Anagni, nel 1869, dove venne impiantato il primo stabilimento per la lavorazione della barbabietola (1). Subito dopo tutte le aziende agricole di una certa dimensione della pianura padana iniziarono a coltivare la preziosa pianta. Diversi ricchi proprietari terrieri, che avevano già una mentalità più imprenditoriale che da semplici possidenti, capirono immediatamente la potenzialità che offriva questo nuovo sbocco economico per le loro vaste campagne. Con l’aiuto delle varie scuole di agricoltura e cattedre ambulanti, attraverso un’opera di “indottrinamento” dei contadini al loro servizio, questi imprenditori agricoli (tra tutti citiamo i Da Zara ma non solo) iniziarono a soppiantare il mais (da una cui variante, il sorgo zuccherino, si era tentato senza successo fino ad allora di estrarre la preziosa sostanza in quantità economicamente sostenibile) con la barbabietola. Tutto ciò non senza iniziali resistenze da parte dei lavoratori agricoli i quali, abituati da sempre ad avere nel mais una sorta di “paracadute” alimentare (la polenta era di fatto un alimento sempre presente in tavola, spesso l’unico con la conseguente esplosione di pellagra) non vedevano affatto di buon occhio questa pianta misteriosa dalla quale in caso di necessità non si poteva nemmeno ricavare un po’ di farina.
Ad ogni modo la barbabietola, qui da noi, trovò habitat perfetto perché riusciva a crescere senza difficoltà in gran quantità e di qualità molto elevata.
Non è un caso dunque che, grazie ai capitali di una società belga costituita ad hoc (Societé Actionnaire Sucrérie et Raffinerie de Pontelongo) venne fondato un grande stabilimento a Pontelongo, un paesino della bassa padovana sulle rive del Bacchiglione, in posizione strategica sia per l’approvvigionamento della materia prima che cresceva tutto attorno e sia per i trasporti fluviali; le “autostrade” dell’epoca con le quali si poteva raggiungere facilmente tanto la laguna di Venezia quanto le località dell’entroterra; inoltre, cosa niente affatto sgradita, la zona era talmente povera da garantire manodopera abbondante a basso, anzi bassissimo costo. Tra i soci fondatori di questa società troviamo, oltre alla contessa Giuseppina Barbò, vedova Melzi d’Eril, la Banca Commerciale, uno stuolo di personaggi italiani ed esteri (direttori di giornali, politici, ecc.) anche l’imprenditore e possidente della zona Leone Da Zara il cui fratello, Giuseppe, sindaco di Maserà, si stava ritagliando contemporaneamente un notevole spazio nell’alta finanza italiana. Giuseppe, come presidente della Società Veneta per le imprese e costruzioni pubbliche (fondata da Vincenzo Stefano Breda nel 1877) farà in modo che la ferrovia passante per la bassa (2) potesse dotarsi di carri merci per il trasporto delle radici di barbabietola.
Nella foto:Maserà, primi del ‘900. Accanto ai binari della “Veneta” a sinistra si scorge un cumulo di barbabietole pronte per essere caricate sui vagoni
Queste, caricate nelle varie stazioncine durante il tragitto e scaricate al punto di raccolta di Cagnola sul Bacchiglione, venivano smistate sui “burci” (grandi barche da trasporto a fondo piatto) diretti a Pontelongo.
Lo zuccherificio di Pontelongo, da tutti chiamato “el Beljo” (Il Belgio), inaugurato il 26 giugno 1910 fu una vera e propria svolta per la povera economia di tutto il nostro territorio.
Nella foto lo zuccherificio di Pontelongo 1911
Contemporaneamente all’arrivo dello zucchero belga nella bassa padovana, un certo Ilario Montesi, nato ad Ancona il 27 giugno 1882, figlio di un ferroviere e di una casalinga, laureatosi in chimica industriale nel 1905, dopo avere lavorato nel 1907 presso lo zuccherificio di Cavanella Po (RO), nel 1908 divenne direttore delle distillerie di Cavarzere, promuovendo contemporaneamente la nascita di quella che diventerà la Banca agricola di Cavarzere. Era un momento nel quale le suddette distillerie se la passavano molto male, sull’orlo del fallimento. Questo giovane, tecnicamente e scientificamente molto preparato, dimostrando anche spiccate doti imprenditoriali, dopo avere risanato brillantemente ed in breve tempo le casse aziendali, acquistò la maggioranza delle azioni e le distillerie di Cavarzere iniziarono immettere sul mercato dei prodotti molto validi, che vennero addirittura esportati in Germania.
Da qui inizia la vertiginosa ascesa di Montesi nel mondo dell’imprenditoria e degli affari, tanto da farne uomo ricchissimo e importantissimo del panorama nostrano: prima, durante e anche in certa misura dopo l’avvento del regime fascista.
Dopo la prima guerra acquistò una importante distilleria a Napoli e, approfittando della enorme crisi economica tedesca, rilevò le proprietà di diversi stabilimenti in Germania. Forte così di una solida base economica e finanziaria Montesi fondò la Società Veneta per l’industria degli Zuccheri che diede vita allo zuccherificio di Este (1923) fino a quando, nel 1927, riuscì ad avere la maggioranza delle azioni dello stabilimento di Pontelongo, divenendo anche amministratore delegato della “Sucrerie” belga. In vent’anni questa persona, partita da impiegato tecnico, si trovò ad avere in mano uno dei poli più importanti per la produzione dello zucchero e dei distillati in Italia.
Nella foto Inizio novecento. Una fase della lavorazione industriale della barbabietola: il lavaggio ( A )
La crisi globale seguita al crollo di Wall Street del 1929 portò alla necessità di ogni singolo stato di far fronte al fabbisogno energetico in modo il più possibile “autonomo” e “fantasioso”. Così la penuria di carburante per autotrazione venne in qualche misura contenuta dall’utilizzo di una tecnologia allora piuttosto all’avanguardia ovvero la possibilità di miscelare in proporzioni adeguate benzina e alcool ottenuto dalla distillazione degli zuccheri; assieme a ciò, una riprogettazione dei motori a scoppio proprio in favore della miscela, consentì il rapido affermarsi di questa tecnologia che ad un certo punto poteva anche contare per l’autotrasporto a miscele col 30-40% di alcool mentre per gli aerei addirittura col 90% di alcool.
Molti stati, compresa l’Italia, fissarono ad un massimo del 20% di alcool la miscela possibile, gravando però di imposte il produttore, cosa che per qualche anno bloccò questo mercato. La svolta si ebbe dopo l’invasione Italiana dell’Etiopia (1935) quando le sanzioni internazionali contro il nostro Paese indussero il governo di Mussolini, sotto la voce “autarchia”, ad alzare il compenso previsto per i produttori di distillato così che il mercato ricevesse lo slancio necessario da far fronte al fabbisogno.
Negli anni seguenti alla crisi del 1929 Montesi ridisegnava, su schemi già collaudati dalla grande industria europea, la sua holding dello zucchero, su una piattaforma che oggi potremmo definire basata sulle “sinergie”. Ogni ramo delle sue aziende doveva collaborare per la produzione di lavorati, semi lavorati e anche scarti che potevano diventare materia prima per produrre qualche cosa di nuovo ed infatti alla base della sua visione c’era la continua ricerca scientifica e tecnologica, affidata all’università di Padova alla quale egli garantiva strutture e finanziamenti, con l’obiettivo anche di poter ottenere prodotti chimici da materie agrarie. Nel giugno del 1934 egli si fece promotore, col figlio, di una grande mostra corporativa delle bietole e dello zucchero a Padova che ebbe grande successo e risonanza, con gli stand allestiti dai principali produttori di zucchero ed alcool.
Fu in questo quadro, di agevolazioni governative, di autarchia e corporativismo che la Società Veneta per l’Industria degli Zuccheri decise di realizzare, a Cagnola di Cartura, un impianto per la distillazione, completato a tempo di record tra il 1935 l’autunno del 1936 ed in grado di produrre 500 ettanidri ( 3 ) di alcool al giorno.
Nella foto Le distillerie di Cagnola, poco dopo la loro inaugurazione
“Fra le novità tecnologiche vantate dal nuovo impianto -costruito da maestranze italiane con macchine italiane- comparivano anche caldaie funzionanti col carbone autarchico delle miniere istriane Dell’ARSA. Su un lungo fronte si allineavano a sinistra i fabbricati destinati alla lavorazione delle barbabietole: la torre di lavaggio, le tagliatrici e le batterie di diffusione, mentre a destra si allungava la tinaia di fermentazione. Le colonne di distillazione occupavano il fabbricato centrale, l’unico dotato di qualche pregio architettonico: un alto volume parallelepipedo scandito da lunghe finestre verticali tipiche del gusto razionalista di quegli anni. Le ali laterali con la bietoleria e la tinaia replicavano schemi tradizionali derivati dalle fabbriche di inizio Novecento, tanto da far sembrare la realtà industriale di Cartura un aggregato di installazioni eterogenee. L’apparente disordine poteva essere giustificato dalla fretta con cui tutto era stato progettato all’inizio del 1936, ma divenne più evidente nella primavera del 1937, quando nei pressi della bietoleria fu edificato un grande capannone per la lavorazione a freddo del sorgo con mulini elettrici. L’insieme dei fabbricati aggiunti o rimodulati rispecchiava la natura ancora sperimentale di lavorazioni che non avevano precedenti su questa scala. Una grande gru risolveva il problema della movimentazione delle canne in ingresso e conferiva all’insieme l’aspetto di un cantiere” ( 4 )
Si parla di sorgo perché in effetti una qualità di questo cereale “l’Ambra” si dimostrò, con le nuove tecnologie a disposizione, molto utile allo scopo di ottenere alcool, prodotto che i grandi industriali come Montesi si rifiutavano ricavare con le barbabietole perché da queste potevano ottenere lo zucchero, che garantiva guadagni maggiori.
Foto dal web - Piantagione di Sorgo zuccherino
A far da volano economico e finanziario della nuova grande realtà industriale Montesi fondò nel 1937 la “Società Anonima Carburanti di Cartura” con capitale di 12.000.000 di lire, subito raddoppiati l’anno seguente con l’utilizzo dell’azionariato proposto dal management a vantaggio dei piccoli investitori.
Così, mentre dal suo impianto di Cagnola Montesi otteneva l’alcool dal sorgo e il melasso zuccherino dalla barbabietole (in autunno le due materie prime giungevano insieme creando picchi di produzione), l’università di Padova si preoccupava di trovare un utilizzo ai prodotti di scarto, come i residui di canna del sorgo, ricchi di lignina ( 5 ). Si pensi solo che questi laboratori di ricerca, in grande anticipo con i tempi, riuscirono a polimerizzare la lignina dei residui ottenendo resine stampabili e diluenti, in pratica gli albori dell’industria della plastica.
Tutto andava talmente spedito, garantendo introiti esorbitanti, che per far fronte ai picchi autunnali di produzione, Montesi pensò di raddoppiare lo stabilimento di Cagnola, optando poi invece per la realizzazione di una tubazione che trasferisse il melasso greggio ottenuto a Cagnola fino allo stabilimento di Pontelongo, distante 15 chilometri circa.
Divenuto, come si è già detto, imprenditore di prima grandezza, (terzo produttore italiano di zucchero e secondo di alcool) ( 6 ) in contatto diretto col Duce Mussolini e nonostante la sua nomina a deputato in rappresentanza della corporazione, Montesi non smise mai la sua ricerca, acquisendo industrie chimiche, da Palermo (acido citrico) a Bolzano (magnesio e leghe del magnesio, che avevano importanza strategica nel settore bellico).
Durante la seconda guerra le industrie di Montesi, così come di altri, subirono devastazioni e requisizioni militarizzate, tanto da farlo allontanare progressivamente dalla politica fascista. Dopo l’otto settembre 1943 egli si avvicinò al governo Badoglio mentre alcuni suoi dirigenti aziendali facevano parte dei CLN locali. Montesi e la moglie furono costretti per un certo periodo, a nascondersi nel convento di Praglia.
Le distillerie di Cagnola e la società anonima carburanti rimasero in piedi ed in attività fino all’occupazione tedesca del 1944 quando subirono un primo stop per poi cessare definitivamente la produzione del distillato l’anno seguente.
Come si diceva, anche nel dopoguerra Montesi si distinse per la verve imprenditoriale, ad esempio, dopo avere acquisito in anni precedenti la “Faesite spa” di Faè, nel bellunese, impiegò la lignite di scarto del sorgo per la produzione di pannelli isolanti.
Intanto la produzione saccarifera ritornò rapidamente ai livelli pre-bellici tanto che la Società Veneta degli Zuccheri porterà il suo capitale sociale, nel 1949, da 80 a 200 milioni di lire e così fecero gli altri due componenti del “cartello” dello zucchero, che assieme detenevano il 90% della produzione italiana: Eridania e Piaggio.
Nel 1952 da questo “tripartito” monopolista dello zucchero nacque un duopolio: la Eridania da una parte e l’Unione Zuccheri (con Montesi e Piaggio) dall’altra. Qualche anno più tardi, nel 1956 L’Unione Zuccheri, grazie ancora alla ricerca di Montesi, si preparava a sferrare l’assalto definitivo al concorrente poiché una sua produzione esclusiva gli consentiva di mantenere i prezzi più bassi. La moderna applicazione che Montesi fece di questa tecnologia relativamente recente (la cosiddetta “baritazione del melasso”) con la quale si poteva ottenere una maggiore quantità di zucchero dal melasso, procurò dunque seri grattacapi all’ Eridania che fece notare la cosa al governo democristiano dell’epoca. L’allora ministro delle finanze Giulio Andreotti istituì una tassa ad hoc per questo tipo di produzione rendendola di fatto non più conveniente, suscitando le ire di Montesi il quale, fatto poi forzatamente buon viso a cattivo gioco ottenne dallo stesso ministro come contropartita una esenzione di imposta ( 7 ).
Questa situazione però era destinata a cambiare a brevissimo termine poiché con l’entrata dell’Italia nel MEC (Mercato Comune Europeo, 1957) tutto il settore dello zucchero dovette sottostare a nuove regole e a nuovi principi: dieci anni (1958-1967) nei quali ristrutturazioni e ammodernamenti si succedettero rapidamente.
Ilario Montesi morirà a Padova nella sua villa di via Cavallotti il 25 gennaio 1967 ma la storia della “sua” creatura dello zucchero finirà con una interminabile causa, carte bollate, avvocati, arresti e tribunali per una vicenda dai contorni assai oscuri. Sto accennando all’acquisizione avvenuta, per una cifra che più di qualcuno ha definito “irrisoria” (per molti si trattò di un vero e proprio esproprio “politico”, tanto da generare per l’appunto una estenuante inchiesta giudiziaria) di tutto il gruppo Montesi -ben nove aziende, stimate dal tribunale di Padova 317 miliardi di lire- da parte dell’ISI (industria saccarifera italiana) controllata da Eridania gruppo Ferruzzi- Raul Gardini nel 1986, per la cifra di 63 miliardi. Eravamo allora in piena epoca dei governi del CAF, dal quale però Craxi si sfilava, la Milano da bere e la imminente scalata di Gardini stesso alla Montedison, fatto poi passato alla storia per la famosa maxi tangente Enimont, la “madre” di tutte le tangenti.
Nella foto Ilario Montesi ( B )
fonte:
( 1 ) “Annali di agricoltura 1882” a cura della direzione dell’agricoltura “Sulla industria della estrazione dello zucchero dalla barbabietola e dal sorgo” si legge a pag. 17 la seguente lista di stabilimenti sorti per primi: Anagni (1869); Cesa in Val di Chiana (AR), 1872; Rieti, 1873.
( 2 ) La tratta Padova Santa Sofia-Bagnoli di sopra, col locomotore a vapore (la “vàca mòra”) fu inaugurata il 20 maggio 1886. Cfr: Ennio Chiaretto, Storie nella Storia di Maserà, Susil edizioni, 2018, pag. 82.
( 3 ) Ettanidro: unità di misura utilizzata da produttori e commercianti di grappa ed altri disillati. Un ettanidro corrisponde a 100 litri di alcol anidro, cioè puro, quindi a 100 gradi alcolici. Esempi: 100 litri di grappa da 40 gradi corrispondono a 0,4 ettanidri. 1 litro di alcol a 90 gradi corrisponde a 0,009 ettanidri. Fonte: Wikipedia
( 4 ) Lorenzo Aldini, Fra zucchero e alcool: le vicende del sorgo e la visione industriale di Montesi (1935-1939), in: L’industria saccarifera italiana, anno CXIII, numero 1-2, Gennaio Aprile 2020; pag. 24 e segg.
( 5 )“Nel corso degli anni Trenta del secolo scorso Montesi acquisisce una vasta proprietà nel Comune di Ponte san Nicolò, dove impianta l’Azienda agricola Alba; il laboratorio analisi delle sementi, specializzato nella barbabietola (…)
I campi erano di proprietà di Marco da Zara, che viene discriminato in quanto ebreo. Nell’atto di acquisto datato 30 settembre 1939 (n.4918): “Da Zara Marco detto Neni del fu Comm. Giuseppe e di Segre’ Ernestina, nato a Padova il 17-4-1889, domiciliato a Padova via Marsala Civico n. 16 di razza ebrea, discriminato a tutti gli effetti dalle leggi razziali ecc …. Discriminato con Decreto del Ministero dell’Interno in data 31-1.1939 n. 71 venditore”.
Da: Emanuele Martino, Marco Da Zara e i terreni di Ponte San Nicolò, in: Casalserugo e dintorni, https://www.casalserugoedintorni.it/marco-da-zara-ed-i-terreni-di-ponte-san-nicol%C3%B2
( 6 ) Nello zucchero la società padovana era preceduta dall’Eridania (50-60% della produzione nazionale) e dalla Società italiana per l’industria degli zuccheri di Rocco Piaggio (20%), mentre nell’alcool dalla sola Eridania (50%). Il gruppo Montesi concorse con Eridania e la società di Piaggio a determinare le politiche di cartello del settore, dapprima nel Consorzio nazionale produttori zucchero, e successivamente (1934) nella Corporazione della bietola e dello zucchero. Nel dopoguerra Ilario Montesi tentò con esiti alterni di contrastare, in una alleanza con il gruppo Monti e il gruppo Maraldi (da cui il nome di “triade” di tale lobby) il predominio di Eridania. Cfr. M.E. TONIZZI, L’industria dello zucchero. La produzione saccarifera in Italia e in Europa, 1800-2000, Milano, Franco Angeli, 2001. (Da: L'INDUSTRIALIZZAZIONE DIFFUSA Storia dell'economia padovana 1923-2003 di Giorgio Roverato, Padova, Esedra editrice, 2005)
( 7 ) Eugenio Scalfari, Il metodo Andreotti, in: Temi, Repubblica.it, L’Espresso. Pag. 4-5 http://temi.repubblica.it/espresso-giulio-andreotti/2010/02/15/429/?h=0
Testo di Chiaretto Ennio
FONTI E BIBLIOGRAFIA:
- Lorenzo Aldini, Fra zucchero e alcool: le vicende del sorgo e la visione industriale di Montesi (1935-1939), in: L’industria saccarifera italiana, anno CXIII, numero 1-2, Gennaio Aprile 2020; pag. 24 e segg.
- “Annali di agricoltura 1882” a cura della direzione dell’agricoltura “Sulla industria della estrazione dello zucchero dalla barbabietola e dal sorgo”, Roma 1882
- Giorgio Roverato, l'industrializzazione diffusa Storia dell'economia padovana 1923-2003, Padova, Esedra editrice, 2005
- G. Toffanin, Ricordo di Ilario Montesi, in: Padova e il suo territorio, 37, 1967
- Laura Cerasi, Montesi, Ilario in: Dizionario biografico degli Italiani, pagina web.
- Ennio Chiaretto, Storie nella storia di Maserà, Susil edizioni 2018
- Lino Lava, quattro gialli del nordest, Betelgeuse 2012
- “Il Mattino di Padova”, Crack Montesi: Indagato Scaroni dell’ENI, 01-03-2006
- Emanuele Martino, Marco Da Zara e i terreni di Ponte San Nicolò, in: sito web Casalserugo e dintorni
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