GRANDE ESCLUSIVA Di Casalserugo e dintorni

Intervista a Ennio CHIARETTO

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La copertina del volume “L’innominato tesoretto” di Maserà e l’archeologia del territorio. In primo piano un Denario romano di epoca repubblicana, simile a quelli recuperati a Maserà 141 anni or sono e in secondo piano la stele romana di Ettia Prima, originariamente murata nel campanile della chiesa di Casalserugo, oggetto della nostra proposta di raccolta firme.

Video promozione del libro di Ennio Chiaretto e Cristina Ravara Montebelli

 

Casalserugo e dintorni- Siamo oggi in compagnia di Ennio Chiaretto, il nostro collaboratore più “assiduo”, perché volevamo parlare con lui, naturalmente in anteprima, di quella che è la sua “ultima fatica”, che se non sbaglio uscirà…Quando?
Ennio Chiaretto- Tra poco, almeno credo…Poche settimane se non ci sono imprevisti.
C- Ecco, allora, abbiamo visto la copertina, davvero splendida: ce la vuoi spiegare, il titolo, le illustrazioni, vogliamo iniziare da qui?
E- Certamente: allora in primo piano una moneta romana d’argento, un “denario” in questo caso del II secolo avanti Cristo, dietro invece una stele funeraria, ovvero una porzione di un monumento funebre, fatto realizzare da una certa Ettia Prima, in epoca più tarda, durante l’età di Augusto. Il che poi spiega il titolo: tesoretto (di monete) e l’importante reperto antico a testimonianza della lunga storia che ha attraversato il nostro territorio.
C- Ma da dove viene questo tesoretto? Perché innominato? E quella stele romana? Non mi pare di averla mai vista…
E-In sintesi è il contenuto del libro… E’ la storia di una sensazionale scoperta archeologica (almeno per le nostre zone) avvenuta 141 anni fa a Maserà quando riemerse da un terreno un tesoretto (è un termine tecnico) di oltre 1200 monete romane, in gran parte denari d’argento, di quella remota epoca, molto prima della nascita dell’impero. Pensa: un tesoretto monetale talmente importante da essere, dopo tutti questi anni, ancora oggi il più antico ritrovamento del genere di tutto il Veneto: dunque non Monselice, Este, o Padova, città importanti e antichissime, bensì Maserà. Curioso no?

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Una delle monete di epoca romana trovate nella campagna Barison in via Terradura a Maserà (foto di Ennio Chiaretto)

C- Molto curioso! Ma innominato perché…
E- E’ il termine usato da uno dei personaggi che hanno avuto parte in quella storia, che lo definisce così perché assolutamente mai visto né descritto in precedenza, insomma sconosciuto.
C- E dove si trovano oggi queste monete?
E – Questa è una parte molto interessante: subito dopo essere state trovate sono sparite nel nulla per poi ricomparire mesi dopo descritte all’interno di uno studio scientifico fatto a Roma da un esperto e poi acquistate dal museo archeologico nazionale di Napoli, dove, così ci hanno assicurato i responsabili, si trovano tutt’ora.
C- Fammi capire: saltano fuori 1200 monete romane da un campo di Maserà 141 anni fa e nessuno vede o sente niente? Spariscono nel nulla? Come è possibile?
E- Davvero incredibile infatti. Noi abbiamo ricostruito tutta la vicenda, come fosse un racconto d’appendice. Ti posso solo dire che dentro a questa storia ci sono: preti, arcipreti, gesuiti, sindaci, esperti nazionali ed europei (i massimi dell’epoca), e molti altri; il tutto accaduto in un periodo veramente difficile per Padova e provincia, mentre avvenivano cambiamenti sociali, politici, economici – anche catastrofi naturali- epocali.
C- Ho capito, ma perché allora parlare dell’archeologia del territorio? Questa del tesoretto è una storia ottocentesca…
E- Hai ragione. Ma fin da subito, appena mi sono messo a lavorare su questa vicenda, io stesso avevo la curiosità di sapere chi avrebbe potuto nascondere, duemila e passa anni fa, un tesoro di quel tipo, e perché poi non è più andato a riprenderselo. Qui non stiamo parlando dei nascondimenti in epoca di invasioni barbariche quando i romani, più o meno ricchi, scappavano a migliaia, nascondendo i loro averi: mancavano ancora molti secoli!
C- E quindi cosa ne hai concluso?
E- Nulla, fino a quando il caso mi ha fatto incontrare una vera esperta di epoca romana, archeologa, autrice di numerosi saggi, volumi e conferenze in giro per l’Italia. Le ho raccontato la mia idea e si è dimostrata entusiasta di darmi una mano: sto parlando di un’altra collaboratrice del sito Casalserugo e dintorni, la dottoressa Ravara Montebelli.
C- La dott.ssa Ravara Montebelli ha portato il suo contributo scientifico…
E- Molto di più: oltre a quello anche una metodologia di lavoro assai diversa dalla mia che non sono né uno storico né un esperto. Ad un certo momento ci siamo accorti che in pratica stava venendo un libro a quattro mani, dove ognuno si occupava dell’argomento a lui più congeniale ma nello stesso tempo, con le sue capacità, aiutava l’altro. Me lo dico da solo: un gran bel lavoro, perlomeno credo.

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Elemento di conduttura dell’acqua di epoca ro­mana, via Matteotti, Maserà ( foto di Ennio chiaretto)

C- Si ma adesso dimmi: che c’entra la stele romana, il monumento funebre?
E- Andando a caccia, tra innumerevoli difficoltà e bastoni tra le ruote da parte di tutto un sistema organizzato in modo da rendere difficile ogni ricerca storica e archeologica (ma lasciamo perdere), la dott.ssa Ravara Montebelli ha studiato le vicende che vanno dall’arrivo dei romani qui da noi fino all’età di Cesare e Augusto, cercando di ricostruire luoghi e circostanze nelle quali collocare il momento del nascondimento del famoso tesoretto.
C- E cosa ne è venuto fuori?
E- Dopo un lavoro certosino durato anni, durante i quali sono state letteralmente prese in considerazione tutte le scoperte catalogate per questo territorio, più altre ancora mai prese in esame fino ad ora, nuovi rinvenimenti, scavi mai pubblicati, un numero esagerato di libri in materia, e altro ancora, la dott.ssa Ravara Montebelli ha potuto formulare le sue interessantissime ipotesi di come doveva essere qui da noi a quell’epoca.
C- Ovvero?
E- Passava per Maserà senza dubbio una strada nuova, costruita da pochissimo, una cosiddetta via consolare, che da Aquileia portava a sud, passava per Padova e poi appunto Maserà, Cagnola Conselve e via… Ma non solo: ci potrebbe essere stata una direttrice più antica di quella via, una strada che dalle terme di Abano e Montegrotto scendeva verso est, verso Vallonga e Codevigo.

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Maserà di Padova, Pieve di Santa Maria Nascente. Dettaglio degli scavi musealizzati, vi­sibile dal vetro entrando nella Pieve (foto di En­nio Chiaretto).

C- E dunque queste erano già, in età romana ma anche preromana, zone vissute, abitate, trafficate, se così si può dire.
E- Si può dire benissimo e lungo questa strada più vecchia, da est a ovest, che incrociava la nuova consolare proprio a Maserà, già gli antichi Veneti usavano creare i loro spazi dedicati al culto, come testimoniano numerosi reperti, anche del V-IV secolo avanti Cristo, trovati a Bertipaglia e Ronchi di Casalserugo.
C- poi dopo i Veneti, i Romani…
E- Esattamente: dove i precedenti padroni avevano creato quelle zone “votive”, lungo la strada, i romani eressero le loro tombe, spesso corredate da iscrizioni, sarcofaghi, steli. Ed è questo il caso della stele di copertina, quella di Ettia Prima, che però non è per niente l’unica testimonianza che lo conferma.
C- Cioè?
E- Beh, ad esempio, nelle fondazioni della Pieve di Maserà, lasciate per fortuna parzialmente visibili, si nota l’enorme coperchio di sarcofago rovesciato. La stessa chiesetta di Cà Murà è evidentemente stata realizzata anche con grossi blocchi di pietra provenienti da là vicino, chiaramente di epoca romana, con ogni probabilità proprio un monumento funebre o un piccolo tempio votivo o qualcosa di simile. Per non parlare della zona di Ronchi stessa, dove ci sono stati numerosi altri rinvenimenti, alcuni di essi stanno nei musei civici a Padova o altrove.

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Maserà di Padova, chiesa Arcipretale o Pieve di Santa Maria Nascente, con annessa canonica. Cartolina dei primi anni del ‘900. Così si presentava l’edificio di culto anche un quarto di secolo pri­ma, all’epoca dei fatti narrati (collezione Ennio Chiaretto).

C- E la stele della copertina è a Padova?
E- Guarda, questa è una storia curiosa come quella delle monete, o quasi.
C- Perché?
E- Perché per secoli (pare sia stata rinvenuta all’epoca di Sertorio Orsato, quando costui era in pratica il “signore” di Casalserugo, anzi Casalis ser Hugonis, intorno alla prima metà del 1600), è rimasta murata sopra la porta del campanile della chiesa di Casale, i più vecchi ancora la ricordano senza dubbio. Poi, abbattuto il campanile, nel 1947, è scomparsa senza lasciare traccia.
C- E’ una abitudine far sparire i reperti archeologici dalle nostre parti...
E- Magari fossero gli unici casi, questi sono stati territori di “conquista”. Ad ogni modo, anche in questo caso, la dottoressa Ravara Montebelli l’ha rintracciata nella sua nuova collocazione, in provincia di Milano: è stata catalogata in quella sede fin dagli anni settanta del novecento.
C- Ma le monete di Maserà e la stele del campanile, si possono riavere indietro?
E- Intendi che i reperti debbano essere resi a Maserà e a Casalserugo da dove si trovano ora?
C- Esattamente
E- Mah, per quanto riguarda le monete esiste un contratto di compravendita tra lo stato, il venditore e il museo che in quell’epoca nella quale mancavano leggi stringenti di tutela del patrimonio, è assolutamente valido. Le monete sono a Napoli e sono di proprietà del museo archeologico nazionale di quella città. Ciò non toglie che si possano chiedere “in prestito” magari per una mostra temporanea, sarebbe veramente bello se dopo 2100 anni potessero tornare a farci visita.
C- E la stele?
E- Qui il discorso è diverso, all’epoca della sparizione le leggi c’erano, ma io non sono un tecnico di queste cose. Ritengo però che perlomeno informarsi presso le autorità competenti, soprintendenze e quant’altro, sarebbe una buona cosa. Sinceramente io, personalmente, un tentativo di riportare questo straordinario pezzo di storia locale a Casalserugo lo farei, naturalmente dando ampie garanzie di conservazione e valorizzazione. Per come vedo queste cose, stando in provincia di Milano avulsa dal contesto, quella stele “non vale niente”, a Casalserugo invece sarebbe una indiscussa “star”.

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Fotografia della Chiesa parrocchiale Santa Maria Purificata, Casalserugo, inizio anni ’30 in cui si vede il monumento funebre di Ettia Prima sopra la porta del campanile (Collez. Privata)

C- Senti una cosa: alla fine, chi è che ha fatto sparire le monete da Maserà? A proposito, dove è questo campo di terra delle monete?  E come ci è finita a Milano la stele dal campanile di Casale? Me lo puoi dire, no?
E- Dai su, porta pazienza: appena pronto il libro potrai averne una copia
C- Bene, allora appuntamento in libreria o alla prima presentazione allora. Tra poco?
E- Eh…Speriamo! Intanto grazie!

Casalserugo 26/09/2022

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