Ricostruzione grafica di Villa dei Volusii, la Capena di epoca romana.
…E se vi dicessi Capena?
Sicuramente il 99,9% dei nostri lettori risponderebbe: Che cos’è Capena? Bene, allora vi posso dire che Capena è un comune di circa diecimila abitanti, molto vicino a Roma, un po’ più a nord. Ancora non vi è chiaro cosa c’entra Capena con Casalserugo e dintorni? Aspettate, sarò più chiaro, sono certo che ora capirete al volo: prima di chiamarsi Capena, questo bellissimo luogo si chiamava Leprignano. E con questo mi pare di avere spiegato veramente tutto.
E va bene, smettiamo di giocare, anche se la storia, con i suoi curiosi intrecci, spesso si presta, anzi non sarebbe male tentare di spiegare la storia ai ragazzi delle scuole attraverso lo scherzo e, appunto, il gioco.
Bene, allora andiamo con ordine e vedrete che tutto si incastrerà alla perfezione.
La località di Leprignano -come detto- nell’immediato nord di Roma ( il nome deriva da una bolla papale intorno all’anno mille), sorgeva in realtà sopra le straordinarie e sepolte rovine di un’altra antica civiltà.
A metà del 700, Pierluigi Galletti, monaco, grande storico e archeologo, attraverso lo studio dei testi antichi e forse con dei probabili ritrovamenti casuali, formulò la teoria secondo cui il sottosuolo di Leprignano, per l’appunto, nascondesse importanti vestigia del passato.
Sono dovuti passare quasi due secoli e arriviamo al 1930. Quell’anno, a capo dell’ispettorato del Ministero dell’Educazione Nazionale Monumenti e Scavi viene chiamato un certo Leonino Da Zara. E qui sono sicuro che molti di voi inizieranno a capire che c’entriamo noi con Capena. Ma che Capena! Si chiama Leprignano. Occhio!
Bene, anzi: molto bene! Il Barone Leonino, che non aveva esaurito ancora la verve degli anni migliori né la capacità organizzativa, si interessa fin da subito per dare nuovo impulso agli scavi archeologici e per incominciare inizierà con il dossier Leprignano, dove già operava per suo conto e sfizio personale.
Perché nuovo impulso agli scavi? Molto semplicemente Mussolini, all’apice del consenso, riponendo nella propaganda sulle origini imperiali romane del popolo italico molte aspettative, aveva autorizzato numerosissimi capitoli di spesa in ambito archeologico e Leonino ne approfittò così per dare lavoro a un folto gruppo di ex combattenti e reduci disoccupati proprio di Leprignano, impegnandoli negli scavi.
Scavi di Capena
Curiosamente non si sapeva bene però da dove cominciare, non c’erano monumenti antichi visibili sicchè fu chiamata a dare il suo apporto una rabdomante.
Eh? Come una rabdomante? Miscredenti! Ma si, con una forcella di legnetto tenuta con ambo le mani si aggirava tra la campagna in cerca di vibrazioni, ma diversamente dai rabdomanti acquatici costei era una "radiomante" metallifera, cioè una signora metal detector. Dentro ai pugni con cui stringeva il bastoncino infatti teneva anche un pezzetto di metallo: ora ferro, ora rame, ecc. e le vibrazioni del legnetto indicavano che sotto i suoi piedi c’era il metallo corrispondente. Non così difficile dopotutto, no?
La "radiomante" in azione a Capena. 1931. Istituto Luce (filmato muto)
Una volta individuato il loco adatto, gli ex combattenti Leprignanesi iniziano a scavare e, pochissimo tempo dopo, riportano alla luce non già dei semplici reperti ma autentiche vestigia di una città scomparsa, inghiottita dal tempo.
Questa città scomparsa, di cui si favoleggiava per l’appunto dai tempi del Galletti, era nientemeno che la capitale di un popolo che esisteva prima degli etruschi e da questi furono colonizzati (prima di essere a loro volta, colonizzati dai.. -lo so che avete studiato- ma certo, dai romani).
In realtà Galletti aveva letto e studiato a fondo le fonti storiche dell'antichità come ad esempio Tito Livio, il quale parlava, nei suoi scritti, di una popolazione italica con lingua diversa dagli etruschi; popolazione che fu colonizzata da questi ultimi a partire dal VII secolo a.C mantenendo inalterata la lingua. Essi occupavano un’area strategica per i traffici commerciali nella valle del Tevere, un territorio fertile e ricco per le coltivazioni di frutta, vite e ulivo.
Il nome di questo polo era Capenati, la loro capitale Capena.
E qui altro ohh di stupore, immagino! Non erano romani, non erano etruschi erano Capenati!
Secondo la leggenda tramandata da Servio, Capena fu fondata da coloni povenienti da Veio (dov’è Veio? Non pensate che vi dica tutto io, eh) guidati dal re Properzio, durante una primavera sacra, e si stabilirono appunto nella zona di Capena tra l’VIII e il VII secolo a.C. Questo centro posto su un pianoro naturalmente protetto, era collegato sia attraverso la via Capenate che dal Capenas stesso, affluente del Tevere, con scalo presso Lucus Ferionae, luogo sacro per i Capenati.
Beh, come si dice oggi, il resto è storia. Ah già: il luogo si chiamava ancora Leprignano! E come fu che cambiò nome? Adesso ci arrivo, abbiate pazienza!
Dovete sapere che grazie al successo di questi scavi e ad altre iniziative, il nostro barone Leonino intanto era stato nominato anche presidente degli Istituti Etruschi di Roma, carica che manterrà per molti anni, anche ben dopo la caduta del regime fascista e la liberazione.
Ma il Barone Da Zara nel frattempo aveva fatto anche qualcos’altro e di più simbolico. D’accordo con l’amministrazione comunale egli aveva già deciso, fin dal gennaio del 1930, che Leprignano doveva riprendersi il nome di Capena. Tanto si era appassionato a quella storia e a quegli scavi che volle, in quei primi giorni dell’anno, assistere di persona come padrino al battesimo di un bambino appena nato, a cui lui impose letteralmente il nome di Capena accanto al nome di battesimo voluto dai genitori: Giovanni Antonio, Malatesta di cognome. Quel bambino, nato il 25 gennaio 1930 e nel cui atto di nascita figura il nome, come testimone, di Leonino Da Zara, non verrà mai chiamato nè Giovanni né Antonio, per sempre e da tutti in paese verrà chiamato Capena Malatesta.
Leonino da Zara con in braccio il bambino Capena Malatesta, 1933
Poi, questo si, il resto è storia. Nel 1933, con un decreto reale si stabilì che Leprignano cessava di esistere e che Capena sarebbe nata al suo posto.
EPILOGO: LE ULTIME IMMAGINI CINEMATOGRAFICHE DI LEONINO
Siamo ora nel 1953, sono passati vent'anni. Un pesante e invecchiato Leonino Da Zara, che si appoggia vistosamente ad una lapide, presenzia alla ripresa degli scavi dopo la guerra. Sono i trenta secondi iniziali di “settimana INCOM” , pochi e mesti fotogrammi per lui, che probabilmente rappresentano l’ultimo filmato del nostro indimenticabile Barone.
Ricerca delle fonti e testo di Chiaretto Ennio.
Sempre grazie al Sig. Maritan di Casalserugo per il suo lavoro su Leonino.
Ringraziamo di cuore la Sig.Clelia Malatesta per la gentile concessione del certificato di battesimo del padre, Capena Malatesta.
PER LE FOTO grazie al sito occhiocapenate.com e al sito clickromanord.com
Per l'andamento odierno degli scavi di Capena clicca QUI
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