Ilario Montesi lo zuccherificio e le distillerie di Cagnola

Cagnola zuccherificio

Nella foto le distillerie di Cagnola negli anni ’50 del novecento

ILARIO MONTESI, LO ZUCCHERO DELLA BASSA PADOVANA E LA VERA STORIA DELLE DISTILLERIE DI CAGNOLA 

La storia dello zucchero in Italia parte da Anagni, nel 1869, dove venne impiantato il primo stabilimento per la lavorazione della barbabietola (1). Subito dopo tutte le aziende agricole di una certa dimensione della pianura padana iniziarono a coltivare la preziosa pianta. Diversi ricchi proprietari terrieri, che avevano già una mentalità più imprenditoriale che da semplici possidenti, capirono immediatamente la potenzialità che offriva questo nuovo sbocco economico per le loro vaste campagne. Con l’aiuto delle varie scuole di agricoltura e cattedre ambulanti, attraverso un’opera di “indottrinamento” dei contadini al loro servizio, questi imprenditori agricoli (tra tutti citiamo i Da Zara ma non solo) iniziarono a soppiantare il mais (da una cui variante, il sorgo zuccherino, si era tentato senza successo fino ad allora di estrarre la preziosa sostanza in quantità economicamente sostenibile) con la barbabietola. Tutto ciò non senza iniziali resistenze da parte dei lavoratori agricoli i quali, abituati da sempre ad avere nel mais una sorta di “paracadute” alimentare (la polenta era di fatto un alimento sempre presente in tavola, spesso l’unico con la conseguente esplosione di pellagra) non vedevano affatto di buon occhio questa pianta misteriosa dalla quale in caso di necessità non si poteva nemmeno ricavare un po’ di farina.
Ad ogni modo la barbabietola, qui da noi, trovò habitat perfetto perché riusciva a crescere senza difficoltà in gran quantità e di qualità molto elevata.
Non è un caso dunque che, grazie ai capital

Il popolo Italiano e il suo milite

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IL POPOLO ITALIANO E IL SUO MILITE di Liviana Gazzetta* Cento anni fa il milite ignoto. Il processo che ha portato a seppellire al Vittoriano la salma di un soldato sconosciuto della Grande guerra costituisce una delle più significative, se non la più significativa forma di memorialistica collettiva che il nostro paese abbia avuto. Questa esigenza nel primo dopoguerra prese vigore anche in altri Paesi europei che avevano partecipato al conflitto, a partire dalla Francia, ma in Italia essa ebbe una partecipazione senza dubbio più corale. L’idea fu avanzata nell’estate del 1920 su proposta del colonnello in congedo Giulio Douhet, già noto per le sue posizioni molto critiche sulla conduzione della guerra da parte dello stato maggiore italiano. L’intenzione era quella di traslare le spoglie al Pantheon, perché “la salma di un soldato italiano, che non si sia riusciti a identificare, rimasto ucciso in combattimento, sul campo, venga solennemente trasportata a Roma e collocata al Pantheon, segno della riconoscenza dell’Italia verso tutti i suoi figli”. ......

Pontemanco borgo da scoprire

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PONTEMANCO BORGO SENZA TEMPO. GUIDA DEL PERCORSO DA SCARICARE!

Come sanno tutti gli amanti dell’arte e del bello, da anni le giornate del FAI sono un appuntamento da non perdere e per quanto riguarda Pontemanco già l’anno scorso, con circa 350 visitatori si è parlato giustamente di grande successo (ricordiamo che il borgo ha circa 200 abitanti). Come definire allora la partecipazione, il 16 e 17 ottobre appena passato di quasi 750 persone? Un vero e proprio boom, di questo si è trattato. Qualcosa come sei visite extra a quelle previste che erano 20, gruppi numerosi ma persone attente, attratte dal borgo senza tempo e dalle spiegazioni delle guide. I visitatori venivano da molte parti dell’Italia settentrionale e oltre, dalla Lombardia, dell’Emilia, dalla Toscana, ecc. Ci sono persone venute appositamente da città anche lontane come Siena, Prato, Como, e altre. Ovviamente numerosissimi padovani e vicentini e non pochi di loro, all’uscita, si meravigliavano con noi per non avere mai visitato prima questo luogo e addirittura di ignorarne la presenza! Come Casalserugo e dintorni non possiamo fare altro che complimentarci con gli organizzatori, sperare che queste giornate si ripetano nel nostro territorio, ancora a Pontemanco, certamente, ma non solo perché ci sono tante cose belle da scoprire un po’ in ogni nostro paese, garantendo anche la nostra presenza se necessario. Diversi partecipanti hanno chiesto se fosse disponibile una piccola memoria stampata, un percorso tra parole e immagini da portarsi via come ricordo. Avevamo promesso, tramite il nostro collaboratore presente alle giornate FAI come guida, che avremmo pubblicato qualcosa sul nostro sito. Ecco dunque pronto un resoconto/guida da scaricare. Buona lettura!

Bertipaglia magari non tutti sanno che

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Foto:  piazza anni sessanta del '900

SAN MARIANO, LA LEGGENDA, LA CHIESA, LA FRAGLIA, LA SAGRA E TANTO ALTRO ANCORA.

Di E. Chiaretto

Giugno, tempo di sagra a Bertipaglia (appena passata purtroppo giocoforza senza festa). Ad ogni modo, cercando notizie per poter finalmente concludere il mio nuovo libro dal titolo provvisorio “Maserà e Bertipaglia, protagonisti e curiosità storiche” ho avuto modo di accedere ad alcune notizie d’archivio piuttosto interessanti.
Spinto dall’amico Giuseppe Tiozzo di “Casalserugo e dintorni” a fornire ai lettori del sito alcune anticipazione del libro o quanto meno qualche spunto, ecco che dunque, senza indugio, accetto l’invito.

Secondo la tradizione e la leggenda, il Santo (San Mariano) governò la chiesa di Padova come XI vescovo dal 248 al 272 d.C. dunque in epoca molto difficile, di grave instabilità politica ed economica ma non solo: si narra infatti che nel 256 vi fu anche una grande pestilenza che interessò quasi tutta l’Italia. Il vescovo Mariano avrebbe donato larga campagna in zona Bertipaglia ai poveri ed è per questo che in tale località fu eretta una chiesa in suo onore e che il 1° Giugno, giorno della sua morte, si celebra in paese la sua festa cioè si tiene la sagra paesana. Al di fuori della leggenda, nella cronotassi dei vescovi padovani del Muratori e del Salomonio esso compare come 11° (o anche 12°) Vescovo ma, non essendovi alcuna reliquia né una lezione propria, nel 1920 Don Gottardo Bellan ottenne che la chiesa parrocchiale fosse intitolata ufficialmente al sacro Cuore di Gesù con rito di prima classe con ottava, e a San Mariano, ma con rito di II classe senza ottava. In effetti la ragione del declassamento del Santo di Bertipaglia, secondo Francesco Lanzoni (Le diocesi d'Italia dalle origini al principio del secolo VII, vol. II, Faenza 1927), risiederebbe nel fatto che, sia la lista dei Vescovi patavini del Muratori che quella del Salomonio, così come molte altre simili, sono state redatte dopo il XV secolo, aggiungendovi nomi e notizie del tutto fittizi e quindi a tali cataloghi non viene riconosciuto alcun valore storico. Cliacca per saperne di più per tutto l'articolo.

La Padova Bovolenta del 5 Aprile 1908

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A SINISTRA: MARIO CAVAGLIERI, LA PADOVA BOVOLENTA DEL 1908 MANIFESTO 2 X1 (© MIBACT Museo Salce Treviso) A DESTRA: LOCANDINA REALIZZATA DA GIADA CHIARETTO CON LO STESSO TEMA (© 2019 Per "Storie nella storia di Maserà")

DALL’ INVIATO ALLA PADOVA BOVOLENTA

L'ORGANIZZAZIONE

L’organizzazione della corsa è stata curata in prima persona dal vicepresidente dell’automobile club del veneto Leonino Da Zara. Ogni dettaglio deve per forza fargli capo. Per questo ha chiamato solo i migliori: dalle auto di piccola cilindrata, fino agli assi del volante, ed in effetti tutte le case italiane, grazie a lui, hanno deciso di essere presenti.  Il giornale della scorsa settimana ha scritto: “Il numero delle marche d’auto raggiunto è tale da far assurgere questo convegno alla altezza di un eccezionale avvenimento automobilistico. Da molto tempo non si vedeva un simile spettacolo di fervore per una gara automobilistica: tutte le migliori marche sono inscritte, tutte le giovani fabbriche vi cercano il battesimo del successo, tutti i più celebrati signori del volante scendono a contendersi la vittoria”.
Egli non ha badato a spese nemmeno quando ha chiamato il migliore nel disegno pubblicitario: il maestro Mario Cavaglieri, che ha realizzato sia il l’immagine incisa nella targa d’oro al vincitore, cesellata dal migliore di tutti, l’orafo Guelfi di Milano, ma soprattutto quel manifesto da 2 metri che tutti possono vedere, un capolavoro assoluto e state pur certi che entrerà nella leggenda anche questo, come tutto il resto della giornata!
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