Foto: piazza anni sessanta del '900
SAN MARIANO, LA LEGGENDA, LA CHIESA, LA FRAGLIA, LA SAGRA E TANTO ALTRO ANCORA.
Di E. Chiaretto
Giugno, tempo di sagra a Bertipaglia (appena passata purtroppo giocoforza senza festa). Ad ogni modo, cercando notizie per poter finalmente concludere il mio nuovo libro dal titolo provvisorio “Maserà e Bertipaglia, protagonisti e curiosità storiche” ho avuto modo di accedere ad alcune notizie d’archivio piuttosto interessanti.
Spinto dall’amico Giuseppe Tiozzo di “Casalserugo e dintorni” a fornire ai lettori del sito alcune anticipazione del libro o quanto meno qualche spunto, ecco che dunque, senza indugio, accetto l’invito.
Secondo la tradizione e la leggenda, il Santo (San Mariano) governò la chiesa di Padova come XI vescovo dal 248 al 272 d.C. dunque in epoca molto difficile, di grave instabilità politica ed economica ma non solo: si narra infatti che nel 256 vi fu anche una grande pestilenza che interessò quasi tutta l’Italia. Il vescovo Mariano avrebbe donato larga campagna in zona Bertipaglia ai poveri ed è per questo che in tale località fu eretta una chiesa in suo onore e che il 1° Giugno, giorno della sua morte, si celebra in paese la sua festa cioè si tiene la sagra paesana.
Foto: Affresco la gloria di San Mariano vescovo interno chiesa
Al di fuori della leggenda, nella cronotassi dei vescovi padovani del Muratori e del Salomonio esso compare come 11° (o anche 12°) Vescovo ma, non essendovi alcuna reliquia né una lezione propria, nel 1920 Don Gottardo Bellan ottenne che la chiesa parrocchiale fosse intitolata ufficialmente al sacro Cuore di Gesù con rito di prima classe con ottava, e a San Mariano, ma con rito di II classe senza ottava. In effetti la ragione del declassamento del Santo di Bertipaglia, secondo Francesco Lanzoni (Le diocesi d'Italia dalle origini al principio del secolo VII, vol. II, Faenza 1927), risiederebbe nel fatto che, sia la lista dei Vescovi patavini del Muratori che quella del Salomonio, così come molte altre simili, sono state redatte dopo il XV secolo, aggiungendovi nomi e notizie del tutto fittizi e quindi a tali cataloghi non viene riconosciuto alcun valore storico. Una cosa invece interessante il Salomonio, parlando di Bertipaglia, la dice (a pag. 548 del suo Inscrip. Urb. Patav. Append. Agri Patav. ecc., 1696) e cioè che nel 1607 in Braida de Palea, vulgo Bertipaglia, era attiva in paese la Fraglia di San Mariano con il pio istituto elemosiniere. L’intera “regola” della fraglia è stata pubblicata da Don Guido Beltrame nel suo “Maserà e Bertipaglia con Cà Murà”, Maseratense, 1999.
Per quanto riguarda invece la chiesa come edificio, le informazioni sono per lo più scarne e con grandi vuoti. Ciò che si conosce viene correttamente riportato sempre da Don Beltrame nel suo già citato libro. Nell’archivio parrocchiale si trova scritto che essa fu edificata come piccola cappella in onore del santo e poi via via ingrandita. La storia ufficiale parla dei grandi lavori di rifacimento ed ulteriore ampliamento voluti tra la fine dell’ottocento e i primi del novecento da Don Bellan; anzi: tutta la storia di questo parroco a Bertipaglia si caratterizza per la quantità di lavori (e di somme spese) in rifacimenti e nuove costruzioni. Vediamoli.
Foto: piazza primi del '900
Nel 1896 vengono portate a fondere la vecchie campane rimettendole a nuovo; nel 1899 viene fatto eseguire il capitello nuovo posto all’incrocio tra via Casolina e via Cà Murà, proprio davanti il luogo dove qualche anno più tardi (1913) sarebbe sorta la villa Grassivaro, tant’è che quest’ultima famiglia per molti anni si prese l’onore e l’onere ogni sera di portare fuori alla “Madonna della Mercede” un lumino acceso. La scultura è opera di una bottega allora molto nota e apprezzata, quella formata da Bortolo Slaviero e il nipote Antonio Penello, che saranno anche gli autori di numerosi monumenti ai caduti della grande guerra sistemati nelle piazze di molti paesi della provincia, ad esempio a Gorgo. Il motivo per il quale il capitello viene sistemato in quel punto è che proprio là, perlomeno fin da quando esiste il catasto (primi dell’ottocento), risulta esservi un capitello, tanto da dare questo nome (Al capitello) a tutta la contrada.
La nuova statua della Madonna con relativo baldacchino furono trasferiti in centro della piazza il 16 Marzo del 1960, durante i lavori di sconvolgimento del centro del borgo, che hanno visto l’abbattimento anche del famoso edificio della tribù e l’allargamento degli spazi con nuove lottizzazioni.
Nel 1900 iniziarono i lavori di sistemazione e sostanziale rifacimento della chiesa di San Mariano con demolizione delle pareti per l’edificazione delle navate laterali, la rimozione del pavimento e il suo abbassamento, la costruzione ex novo di molte parti tra cui gli altari, le balaustre, il pulpito, ecc.
A questo proposito si fa notare che in questo modo, oltre che dalla memoria, si sono persi anche fisicamente quasi tutti i lavori di sistemazione, consolidamento e abbellimento che erano stati voluti da Don Giacinto Zugno a metà ottocento e menzionati da Giuseppe Lorigiola (la biografia di quest’ultimo con i particolari sarà contenuta nel libro non ancora uscito). La distruzione degli affreschi del maestro Sebastiano Santi che insistevano sulle pareti laterali demolite desta particolare rammarico, specialmente se valutiamo la qualità delle opere perdute ammirando quelle contenute nella chiesa di San Daniele a Padova.
I lavori proseguirono nel 1907 con l’acquisto del nuovo organo della ditta Puggina, poi ancora nel 1910 con le statue per ogni altare. E’ di quest’anno anche l’edificazione della nuova sala del circolo, costata l’ingente somma di 10.000 lire. Ancora, in sequenza, il restauro dei banchi, confessionali e coro senza dimenticarsi l’acquisto di materiali e suppellettili per adornare la chiesetta di Cà Murà.
Nel 1924, come accennato in precedenza, viene costruita la grotta dedicata alla Madonna di Lourdes per la cifra di 25.000 lire, spesa sostenuta interamente dalla popolazione e dal parroco.
Ma l’opera più importante voluta dal sacerdote, (il quale, lo ricordiamo, è stato uno dei primi a portare il cinematografo in una sala di provincia agli inizi del novecento e per di più in una sala parrocchiale) è senza dubbio l’asilo infantile (1925), costruito sul terreno del beneficio, al quale hanno contribuito i cittadini di Bertipaglia con le donazioni e il conte Petrobelli, per ricordare la tragica scomparsa del figlio Tonino al quale poi l’asilo è dedicato. Secondo i registri l’opera costò qualcosa come 200.000 lire.
Dopo questa interminabile serie di lavori, Don Bellan, parroco di Bertipaglia per 31 anni, si spense in modo improvviso il 20 ottobre del 1926. A lui succedette, tra gli altri, Don Giovanni Bernardini, che, per non essere inferiore, volle erigere un altro edificio, ma assai meno duraturo dei precedenti: la scuola della dottrina cristiana (inizio lavori 1937) in tipico stile fascista. In sostanza l’edificio era appoggiato alla grotta di Lourdes a lato della chiesa. Nonostante abbia avuto ben tre visite e altrettante benedizioni da parte di S.E. Mons. Agostini Vescovo di Padova, l’ultima delle quali (21 ottobre 1939) costituì la vera e propria inaugurazione, l’edificio fu abbandonato già a metà degli anni sessanta per gravi rischi di instabilità ed abbattuto definitivamente nel 1974.
In foto - piazza anni sessanta del '900 si vede ancora la casa della dottrina del 1939 e la "nuova" scuola elementare
Don Bernardini, che di quella costruzione andava orgoglioso, fece in tempo a frequentarlo molto poco, dato che morì solamente un paio di anni più tardi. A questi, come prete, succedette (1942) lo sfortunato e, purtroppo per lui, tristemente noto Don Luigi Bovo, ucciso davanti alla canonica di Bertipaglia il 25 settembre 1944.
Ma questa è un’altra vicenda che merita ben altro spazio, assieme a tutto il periodo che riguarda gli anni che vanno dal 1943 al 1945. Una storia che si intreccia con le vicende vissute nella gioventù dallo scrittore ( e medico) maseratense Tarcisio Bertoli ed è attraverso la sua biografia e i suoi romanzi che ho cercato di raccontare cosa furono l’occupazione nazifascista e la resistenza da noi: un altro capitolo nel libro che ho nominato all’inizio.